Punto di partenza della riflessione di Freud è senza alcun dubbio il concetto di inconscio.
Termine di nuova formazione che non esisteva precedentemente, l’inconscio diventa ben presto la chiave di svolta per tutto il sistema psicanalitico. Esso non emerge mai in modo luminoso, tutt’altro. Più lo si indaga più esso si nasconde. Freud ne parla la prima volta indagando quelle che possiamo definire le sofferenze psichiche. La domanda di fondo è: da dove nasce il dolore? La sofferenza, scopre Freud, si radica in un modo del tutto particolare, accumulandosi in vari strati e il più delle volte risale alla nostra infanzia. Essa provoca nevrosi da adulti, ma non deve essere considerata una malattia, soltanto si tratta di un dolore non risolto e, mediante un meccanismo interiore, rimosso.
La rimozione è proprio uno dei punti su cui insiste maggiormente Freud. Essa si manifesta nella vita di tutti i giorni sotto forma di gesti, tic, lapsus oppure mediante le libere associazioni mentali. Questo tipo di associazioni sono molto usate, durante le terapie, dal padre della psicanalisi: posto il paziente in un contesto privo di stress, lo si sottopone all’ascolto di musica o alla visione di immagini. Egli dovrà dire la prima cosa a cui pensa, la prima cosa che è evocata da quel particolare stimolo.
Freud è convinto del fatto che ci sia sempre una comunicazione, una sorta di dialogo, che il nostro inconscio vuole intavolare con noi, ma è di difficile comprensione. Spesse volte la componente razionale inibisce tale scambio di informazioni.
Freud mette in discussione tutta la struttura tradizionale dell’Io. La personalità risulta non più formata solo dall’Ego ( di origine ancora Cartesiana) ma anche da altre dimensioni che non sono state ancora scoperte.
Due possono essere considerate le tappe cui il pensiero di Freud viene a formarsi. Nella prima fase egli parla di divisione delle Ego in Conscio, Preconscio e Inconscio. Nella seconda di Es, Io e Super-Io. In questa seconda stesura viene potenziato il ruolo dell’inconscio- il preconscio è come scomparso-che Freud indica con il termine Es.
Cos’è l’Es?
Es innanzi tutto è un pronome neutro alla terza persona singolare latino. Esso indica nel linguaggio freudiano, la dimensione pulsionale della personalità. Una forza caotica e desiderante cui è impossibile fuggire. E’ un po’ come quella Volontà di potenza, analizzata da Schopenauer, che preme con forza dentro l’individuo per realizzare i propri fini.
L’Es è qualcosa che si sviluppa nell’età infantile e ha un carattere a-morale. Non distingue il giusto dallo sbagliato. Non è contrario alla morale, attenzione. Semplicemente non la riconosce.
Se l’individuo fosse in completa balia dell’Es non sarebbe davvero in sé e per questa ragione si sviluppa una potente forza contraria all’Es stesso che Freud chiama Super-Io. Essa ha un ruolo principale vale a dire, quello di supervisionare l’Es cercando di contrastarne le spinte pulsionali eccessive. Esso rappresenta quello che possiamo definire filosoficamente, il principio di Autorità.
Facciamo un esempio per essere più chiari: l’Es vuole fortemente possedere quel braccialetto visto in vetrina anche a costo di rubarlo, basta averlo per sé. Interviene il Super-Io e dichiara che questa è un’azione non consona ad una persona per bene, meglio lasciar stare o aspettare di avere il denaro necessario per comprarselo.
Il super-Io è qualcosa che Freud sottolinea essere introdotto dall’esterno. E’ il risultato dell’educazione di un individuo, dalle costrizioni, dalle leggi che la società civile impone.
L’Es per ovvie ragioni non accetta il Super-Io e instaura con esso un perenne conflitto.
Se tale conflitto con trova un punto di sfogo, secondo Freud può nascere una nevrosi data da una crisi latente che da un momento all’altro esplode. La causa di tutto è una rimozione di un dolore o un divieto imposto dall’Super-Io ma mai pienamente accettato dall’Ego cosciente.
Cos’è l’Io tradizionalmente inteso quindi per Freud?
Egli risponde dicendo che l’Io è un qualcosa di sospeso e in perenne disequilibrio, una sorta di equilibrista sempre in pericolo di caduta.
Freud evidenzia poi come molte nevrosi e depressioni siano dovute non a qualcosa di interno, ma a determinati malesseri causati dalla società. L’uomo moderno si presenta a Freud come un animale forzatamente civilizzato e per questo nel profondo di se stesso, malato perché costretto a vivere in un mondo che ha represso ogni dimensione istintiva e pulsionale. Il male dell’uomo moderno sarebbe quindi la troppa civiltà. Questo non significa sperare in un ritorno ad un Eden originario. Con questa civilizzazione dobbiamo conviverci cercando di far coesistere i nostri vari istinti.
La settimana prossima chiuderemo il capitolo Freud dedicandoci alla teoria della Sessualità e vedendo le analisi che Freud compie sui fenomeni sociali.
Buona settimana!
Il film che vi consiglio questa settimana è Transamerica di Duncan Tucker.