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Forse un Homo erectus fu l’antenato ‘unico’ di tutto il genere umano

Scritto da Leonardo Debbia il 05.10.2020

Grazie ai metodi di ricerca più avanzati messi in atto dalla Genetica sui resti dei nostri antenati, anche di centinaia di migliaia di anni fa, si stanno scoprendo nuove prove sulle origini della nostra specie, l’Homo sapiens, consentendoci così di formulare nuove ipotesi, mentre si risale ancora più indietro nel tempo, ad antenati di cui si era intuita l’esistenza, ma di cui non si conosce ancora il genoma.

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Adam Siepel, biologo computazionale del Cold Spring Harbor Laboratory di New York, afferma che un ominide, probabile antenato unico del genere umano, potrebbe essere forse identificato in una varietà di Homo erectus per il momento solo immaginata, dal momento che il suo genoma non è ancora stato sequenziato.

Per una nuova ricostruzione genetica, lo studioso ha avviato una ricerca su genomi antichi, basandosi sull’ipotesi che diversi rami dell’albero genealogico umano si siano intrecciati più volte e osservando che alcuni esseri umani viventi oggi hanno conservato tuttora una percentuale del DNA di questo antenato arcaico sconosciuto.

I biologi computazionali Melissa Hubisz e Amy Williams, della Cornell University di New York hanno affiancato Adam Siepel, che è esperto in Genomica comparativa e Genetica delle popolazioni, e pubblicato quindi i risultati del lavoro comune sulla rivista PLOS Genetics.

E’ ormai accertato che un flusso genico sia effettivamente intercorso tra vari antichi gruppi di ominina durante le ultime centinaia di migliaia di anni. L’esempio più studiato di flusso genetico arcaico è l’ncrocio, avvenuto 50mila anni fa, tra i Sapiens in uscita dall’Africa e i Neanderthal già presenti in Eurasia.

Le tracce di questo evento (uno dei tanti) permangono ancora oggi: l’1-3% del DNA degli esseri umani attuali che discende da popolazioni non africane – come gli Europei e gli Asiatici orientali – può essere ricollegato ai Neanderthal.

Altro evento di ibridazione noto è quello riguardante un gruppo vicino ai Neanderthal, i Denisova – che vivevano nelle steppe siberiane – che si incrociarono con i primi Sapiens in Asia, lasciando frammenti del loro genoma, rintracciabili nel 2-4% del DNA degli esseri umani che vivono oggi in Oceania.

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno sviluppato un algoritmo per l’analisi di genomi in grado di identificare segmenti di DNA provenienti da altre specie, anche se il flusso genico si è verificato migliaia di anni fa, proveniente da una fonte sconosciuta.

In pratica, sono stati confrontati i genomi di due Neanderthal, un Denisoviano e due Sapiens africani moderni, questi ultimi privi di genoma neanderthaliano.

L’analisi ha confermato che Sapiens e Neanderthal si sarebbero incrociati tra i 200mila e i 300mila anni fa e mostrato le prove di un inserimento di un misterioso DNA ‘annidato’.

A chi apparteneva questo DNA?

L’1% del genoma Denisoviano probabilmente proveniva da un ascendente sconosciuto e più distante nel tempo; forse un Homo erectus, e circa il 15% di queste regioni ‘super-arcaiche’ potrebbe esser stato tramandato agli esseri umani viventi oggi.

Queste conclusioni, tuttavia, non sono una novità.

Nel 2016, scienziati statunitensi e danesi, analizzando centinaia di genomi di abitanti della Nuova Guinea e di aborigeni australiani con studi separati, avevano rinvenuto tracce di un genoma simile a quello dei Denisova e a questi attribuito in un primo tempo, ma in seguito riconosciuto come appartenente ad un’altra specie di ominide.

Riconoscendo l’alta probabilità di ibridazioni tra specie di Homo di cui non era più disponibile il DNA, è stato quindi ipotizzato che lo ‘sconosciuto’ sia stato con ogni probabilità un Homo erectus, antenato diretto dei Sapiens che probabilmente visse in Eurasia contemporaneamente a Neanderthal e Denisova.

Dimostrare i fatti, al momento, non è possibile, dato che il DNA dello ‘sconosciuto’ è tutto da ricavare e da sequenziare.

A questa conclusione, tuttavia, si è giunti studiando genomi noti e supponendo incroci tra gruppi di cui si conservano le tracce nelle popolazioni viventi oggi.

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