Dopo aver completato con successo il più dettagliato studio sulla gravità lunare, la missione GRAIL non smette di fornire dati interessanti. Un gruppo di scienziati ha da poco dimostrato come le analisi fatte abbiano risolto l’origine delle regioni molto massicce, invisibili ad un’indagine superficiale, che rendono la gravità lunare non omogenea. Questo fenomeno, conosciuto anche grazie alle sonde in orbita attorno alla Luna, era fino ad oggi non completamente spiegato. Il flusso di dati di GRAIL non solo ha contribuito ad approfondire le nostre conoscenze sulla topografia e geologia lunare, ma sarà il punto di partenza per tracciare rotte sempre più precise per i futuri viaggi. Le scoperte sono state pubblicate su Science.
Per nove mesi le sonde GRAIL hanno infatti studiato in dettaglio la struttura interna e la composizione della Luna, localizzando le regioni di concentrazione di massa, chiamate mascon (mass concentration), caratterizzate da una più forte attrazione gravitazionale. I mascon lunari non sono identificabili da caratteristiche ottiche della superficie, il che li ha resi sempre difficili da studiare. Per localizzarli, gli scienziati hanno usato i dati gravitazionali della missione, insieme a sofisticati modelli computazionali in grado di simulare i grandi impatti tra asteroidi; non solo. Sempre su base computazionale è stato possibile incrociare le informazioni che le varie missioni avevano accumulato sull’evoluzione geologica dei crateri d’impatto.
“I dati di GRAIL confermano che queste zone di concentrazione di massa furono generate quando grandi asteroidi o comete hanno colpito la Luna, miliardi di anni fa, in un periodo in cui l’interno del satellite era molto più caldo di oggi”, ha spiegato Jay Melosh, coordinatore della missione GRAIL presso l’Università di Padova. “Pensiamo che i dati di GRAIL mostrino come la crosta leggera della Luna, si è combinata insieme al mantello denso con il shock di un grande impatto che ha creato il pattern distintivo per la formazione di anomalie di densità che riconosciamo oggi come mascon”. L’origine di queste zone era uno dei grandi misteri nelle scienze planetarie, da ormai oltre 40 anni, ossia dalla loro scoperta nel 1968. I ricercatori erano generalmente d’accordo che la migliore ipotesi era quella di antichi impatti, avvenuti miliardi di anni fa, ma non era chiaro quanta massa in eccesso si sarebbe potuta generare dopo l’impatto. Mancavano prove concrete in grado di supportare le ipotesi.
Sulla mappa gravitazionale le zone di concentrazione di massa compaiono come dei grandi bersagli caratterizzati da un “surplus” di gravità rispetto alla media. Un anello con un ulteriore surplus circonda poi l’anello interno ed il centro. Questo pattern sorge come conseguenza naturale della formazione del cratere, caratterizzato dal collasso ed infine da un rapido raffreddamento della materia. Dopo l’impatto, l’aumento nella densità e dell’attrazione gravitazionale dei mascon è dovuto dalla concentrazione della materia fusa e re-solidificata.
“Sapere dell’esistenza di queste zone significa che potremmo finalmente iniziare a comprendere meglio anche le conseguenze geologiche di impatti così grandi”, ha spiegato Melosh. “Il nostro pianeta ha subito anch’esso simili impatti nella sua storia, e comprendere l’origine di queste regioni potrebbe insegnarci molto anche riguardo alla Terra durante la sua infanzia, forse anche qualcosa riguardo a come ha avuto inizio la tettonica delle placche e come si sono creati alcuni vasti depositi minerali”. Questi dati avranno vaste influenze su tutti i futuri modelli geologici, sia per la comprensione della Luna che della Terra, o gli altri pianeti terrestri. L’estensione del modello a Marte e Mercurio sembra il prossimo passo.