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I grandi terremoti non sono favoriti dalle curvature delle faglie

Scritto da Leonardo Debbia il 04.12.2016

Secondo uno studio dell’Università dell’Oregon (UO), i grandi terremoti – quelli, per intenderci, di magnitudo 8.5 o anche più – hanno maggiori possibilità di verificarsi laddove le aree delle faglie – cioè le zone in cui un’ampia frattura si apre nella crosta terrestre – sono per lo più pianeggianti.

Le faglie che si incurvano, come avviene nelle zone di subduzione – riporta la rivista Science – hanno una minore probabilità di sperimentare terremoti superiori a questa intensità.

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La faglia ‘Cascadia’, in cui l’ultimo mega-terremoto si è verificato nel 1700, è situata lungo un’area pianeggiante dove non si ritenevano possibili mega-terremoti (credit: USGS)

 

 

Si è ritenuto a lungo che i grandi terremoti, conosciuti anche come mega-terremoti, avessero modo di manifestarsi solo al margine di placche tettoniche ‘giovani’, che convergono velocemente, dove sono presenti faglie curve.

Questo, finchè si verificarono due grandi eventi sismici – il terremoto di magnitudo 9.4 in Indonesia nel 2004 e il terremoto di 9.0 in Giappone nel 2011 – che dimostrarono esattamente il contrario: le faglie su aree pianeggianti erano più a rischio.

Da allora, i terremoti su larga scala sono stati ritenuti possibili su qualsiasi grande faglia.

Con il nuovo studio, i ricercatori della UO mostrano che l’estensione massima dei terremoti può essere prevedibile attraverso la considerazione di un parametro finora non considerato: la curvatura della faglia.

Quentin Bletery, ricercatore della UO, era convinto che la geometria della faglia avrebbe potuto fornire indizi utili alla comprensione dei meccanismi che innescano la rottura ed ha sviluppato una teoria, in collaborazione con i colleghi Amanda Thomas, Alan Rempel e Leif Karlstrom, colleghi del Dipartimento di Scienze della Terra presso la stessa Università.

Il team di studiosi ha esaminato la geometria delle faglie interessate da processi di subduzione in tutto il mondo, analizzando i gradienti di pendenza. Non la pendenza dell’immersione in sé, bensì le sue variazioni nel tempo.

“Abbiamo calcolato le pendenze della curvatura lungo le faglie principali, confrontandole con la distribuzione dei grandi terremoti avvenuti in passato”, afferma Bletery. “Abbiamo scoperto il contrario di quello che ci si aspettava. Molti terremoti si verificano su aree in cui la pendenza della faglia è più regolare o addirittura si sia in presenza di una superficie pianeggiante”.

“La faglia Cascadia, per esempio, in cui l’ultimo terremoto è avvenuto nel 1700, si trova su un’area piatta”, confermano Rempel e Thomas.

Un aspetto fondamentale è che le soglie di rottura sono più eterogenee lungo le faglie curve. Maggiore è la curvatura della faglia in subduzione, più la soglia di rottura varia lungo la zona della subduzione.

Una soglia eterogenea produce terremoti più frequenti, ma questi interessano spazi più piccoli e sono quindi di grandezza inferiore.

Al contrario, una soglia di rottura omogenea, estesa su una grande porzione della faglia, ha una maggiore possibilità di rompersi simultaneamente lungo tutta la zona e di conseguenza di generare un mega-terremoto.

“La scoperta, comunque, non ha niente a che vedere con la capacità di prevedere un evento sismico”, precisa la Thomas.

“Invece, i nostri risultati bocciano l’idea che, trovandosi in un luogo dove non esistono prove di un violento sisma accaduto in passato e il luogo sia posto al di sopra di una faglia curva, quel luogo sia sicuro e lì un grande terremoto non sia possibile”, dice Rempel.

“Il prossimo stadio da affrontare, nella ricerca, è il motivo per cui una faglia piana sia più soggetta a un grande terremoto rispetto ad una faglia curva”, dichiara la Thomas. “Soltanto la ricerca potrà portarci a migliorare la carta del rischio sismico in tutto il mondo”.

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