Lo spreco delle risorse alimentari nel mondo, se evitato, potrebbe salvare la vita di milioni di persone. Ogni giorno sono troppi i cibi commestibili che finiscono nella spazzatura, e con essi vanno sprecati la terra, l’acqua, e i fertilizzanti che sono stati necessari per la produzione. Si deve tener conto poi degli agenti inquinanti rilasciati durante il processo produttivo e in quello di decomposizione nelle discariche. Il tema degli sprechi alimentari gioca dunque un ruolo chiave nel processo di sensibilizzazione volto a promuovere una vita più sostenibile e rispettosa del pianeta e delle tante persone che vivono in condizioni di povertà. Inoltre i dati forniti dalle più importanti organizzazioni internazionali stimano che entro il 2030 il fabbisogno alimentare globale crescerà del 50%.
Gaianews.it ha intervistato sull’argomento il dottor Massimo Platini della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva – SIMeVep.
D.: Dottor Platini in che modo si dovrà agire per affrontare l’incremento del fabbisogno alimentare nei Paesi poveri, in una prospettiva a medio-lungo termine?
Massimo Platini: Studi recenti ci portano a considerare come nei Paesi in via di sviluppo, ma non solo, sia di massima importanza gestire le colture, mirandole veramente alle caratteristiche dei territori e ai fabbisogni delle popolazioni. Attraverso un impegno costante a ridurre le perdite alimentari (food losses), intese quindi come perdite durante le fasi di produzione, si potrà affrontare in buona parte il problema della sicurezza alimentare che nei Paesi in via di sviluppo significa in primis potersi alimentare adeguatamente.
D.: Gli sprechi e le perdite alimentari rappresentano un’emergenza planetaria. Focalizzandosi su questi aspetti si può agire contro la fame nel mondo?
M.P.: Certamente, se consideriamo che un terzo del cibo prodotto viene gettato, pari a 220 milioni di tonnellate/anno, a fronte di un miliardo di persone in condizione di povertà (fame cronica e nuova povertà) si può comprendere come, riducendo in modo sensibile l’alimento sprecato, si possa agire contro la fame nel mondo.
D.: Le dinamiche di produzione degli sprechi sono diverse a seconda se si verificano nei Paesi in via di sviluppo o in quelli industrializzati. Le soluzioni e gli interventi di riduzione devono tenere conto della specificità delle aree interessate?
M.P.: Come detto nei Paesi in via di sviluppo la distribuzione dello spreco alimentare avviene soprattutto nella fase di produzione, quindi nella fase legata alla semina e al raccolto, “food losses”, e in parte anche nella fase di trasporto e lavorazione. Nei Paesi industrializzati, invece, lo spreco alimentare avviene in particolare nella fase di distribuzione, di somministrazione e anche in ambiente domestico: parliamo per questa fase di “ food waste “. Certamente si sono studiati diversi metodi di intervento che tengono conto della specificità delle aree interessate”.
D: Gli sprechi alimentari pongono anche un problema di sostenibilità in termini di impatto ecologico-ambientale. Dunque smettere di sprecare, significa smettere di inquinare?
M.P.: Lo spreco di alimenti ha inevitabilmente conseguenze anche di tipo ambientale e possiamo affermare che smettere di sprecare equivale a smettere di inquinare se pensiamo che 89 milioni di tonnellate di cibo sprecato producono 170 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2) equivalente / anno. Oltre alla produzione di anidride carbonica, lo spreco dei cibi, conseguenza di eccessive produzioni alimentari, contribuisce alla produzione di metano e la somma delle azioni dei gas serra è senza dubbio nociva per il benessere globale.
D.: Gli alimenti destinati al consumo umano una volta superata la data di scadenza sono inevitabilmente destinati a terminare tra i rifiuti o possono avere ancora un ulteriore passaggio?
M.P.: Gli alimenti che riportano la “data di scadenza” non possono essere distribuiti dopo il superamento della stessa e sono destinati, ancora adesso, ad essere considerati rifiuti. E’ possibile, però, pensare ad un utilizzo, almeno di una parte di essi, indirizzandoli verso la categoria dei sottoprodotti che ha una sua logica già attuale nella realizzazione di mangimi per l’alimentazione animale e per il settore dei biodigestori e la questione, come ben sanno veterinari e addetti ai lavori, è normata dal Regolamento (CE) n. 1069/2009 in vigore in tutti i paesi membri dell’UE.
D.: Nei giorni scorsi si è svolta a Vercelli l’iniziativa “Cibo per tutti: lotta alla povertà”. Quali strategie e soluzioni sono state al centro del dibattito?
D.: Lo scopo del Convegno che si è tenuto a Vercelli l’8 luglio, rivolto a medici veterinari, a medici igienisti, a dietisti e a tecnici della prevenzione, è stato proprio quello di analizzare la situazione nella quale ci troviamo relativamente alla gestione degli sprechi e alle soluzioni che possiamo adottare nel prossimo futuro. Tutte le relazioni, di carattere scientifico e di carattere sociale, discusse durante il Convegno, hanno contribuito a fare formazione diretta e a suggerire alcune soluzioni: la prima delle quali è certamente quella di migliorare la fase educativa e formativa rivolta verso i consumatori e che deve vedere come veri protagonisti proprio i professionisti dei Dipartimenti di Prevenzione. La Società di Medicina Veterinaria Preventiva, che ha contribuito con i suoi relatori alla riuscita dell’evento formativo, vede nella lotta agli sprechi alimentari uno degli argomenti principali da proporre anche nell’ambito di EXPO’ 2015.