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Festival Vie di Modena, prima nazionale per il performer americano Daniel Linehan

Scritto da Federica di Leonardo il 18.10.2010

Il festival Vie di Modena ha ospitato in una serata due prime nazionali del performer statunitense Daniel Linehan. Le due performance hanno la durata di circa 30 minuti ciascuna e sono state eseguite una di seguito all’altra, con un breve intervallo.

La prima, Montage for Three è uno studio sul confronto, sull’intreccio che nasce fra le foto proiettate sul fondo della scena e due corpi, quello di Linehan e della danzatrice Salka Ardal Rosengren, che provano a riprodurre le pose che le foto suggeriscono.

Dapprima si è attratti dal cercare nessi fra le foto che scorrono: esse sono di personaggi famosi, ma anche di gente comune, sono situazioni normali o scene di guerra, così si è presi nel turbinio interiore che crea questo scorrere di immagini in apparente contrasto l’una con l’altra.

Quando i corpi cominciano a ripetere le azioni si apre la dimensione che caratterizza lo spettacolo: lo spettatore è costantemente teso a chiedersi cosa ci sia in quel gesto riportato in vita dai corpi che lo rende tanto eclatante nel momento in cui è isolato da altre azioni, anch’ esse scollegate dal loro contesto.

Da un semplice studio, in realtà lo spettatore si ritrova a vivere riflessioni sulla vita, la morte, il tempo. Eppure l’impressione finale, nonostante l’eccellente qualità dei due danzatori, è che Montage for three resti uno studio, generato da un’idea affatto banale che però non sfocia in una profondità che colpisce; il risultato, pur nell’evidenza dell’importanza dei temi toccati, non si cala in profondità.

Decisamente più penetrante il secondo lavoro, Not About Everything. Linehan, al centro della scena, ruota su se stesso, senza fermarsi mai, parlando e compiendo dei gesti. L’obiettivo, come possiamo leggere nel suo blog, era di darsi un compito di difficile riuscita e nel contempo cercare di definire l’obiettivo attraverso la negazione: questa danza non è a proposito di niente.

Per 35 minuti Daniel enumera tutto ciò di cui la danza non parla e dice proprio tutto, negandoci ogni possibile risposta mentre, evidentemente, lo stiamo guardando girare vorticosamente su se stesso e cerchiamo una risposta alla domanda che lui stesso ci sta ponendo. E non è pura elucubrazione, il suo corpo stesso, vivo, completamente impegnato ci impedisce di cadere in un pensiero sterile.

Questa danza su cos’è? Linhean ci risponde, quasi a conoscere i nostri pensieri: “questa danza non è su: “Su cos’è questa danza, Daniel?” E dentro questo roteare ci troviamo proprio tutto, il ruolo dell’arte, l’etica, il pensare, l’estetica, ma Daniel insiste, questa danza non è su nessuna di queste cose che ci vengono in mente o su ciò che lui ci suggerisce con le sue azioni.

Tanto più la negazione insiste, tanto più siamo gettati con uno sguardo perforante alla ricerca di una risposta in quel corpo rotante, ansimante, che insistentemente continua nella sua unica azione. Nel blog di Linehan in “Critical Corrispondence”  troviamo gli appunti sul processo dello spettacolo; ad un certo punto Linehan scrive: “E’ semplice , io esisto e qualcosa sta accadendo”.

Linehan ci lascia sospesi in questo, nell’ ammirare la fragilità, la forza, la genuinità di un’operazione che richiede di mettersi in gioco profondamente per sforare la scena e mostrarsi al pubblico nella propria ultima semplicità che trabocca dal corpo, dallo sguardo.

Proponiamo due video.

Il primo:

e il secondo:

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