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Golfo del Messico: perché BP non vuole aspirare il petrolio, ora che potrebbe raccoglierlo al 100%?

Scritto da Paolo Ferrante il 20.07.2010

La domanda che in queste ore molti si stanno facendo è: perché mai BP vuole tenere chiuso il pozzo con il tappo di emergenza che la scorsa settimana i tecnici hanno inserito sulla testa del pozzo?

Il rischio di una simile operazione è chiaro a tutti: dopo l’esplosione del 20 aprile scorso che causò l’incendio e l’affondamento della piattaforma di trivellazione di Transocean, le tubature appena sotto la bocca potrebbero essere danneggiate e potrebbero rilasciare petrolio. I dubbi ce li aveva anche Thad Allen ieri, quando ha detto che BP farebbe bene presentare un piano per il sifonamento (l’aspirazione) del petrolio dalla valvola installata qualche giorno fa.

Ma allora perché BP sta insistendo a tenere chiuso il pozzo? Forse perché è abbastanza sicura che l’operazione stia funzionando. D’altronde, i valori di pressione del petrolio nelle tubature è abbastanza alto, non come si aspettavano ma quasi. Lo scostamento tra la pressione attesa e quella misurata è stata giustificata dal fatto che il pozzo in questi mesi ha emesso petrolio ad un ritmo selvaggio e incontrollato (riversandolo nell’Oceano, sic.) e questo ha fatto sì che le riservenel giacimento  si svuotassero un po’ e che, quandi, la pressione di gas e petrolio diminuisse ai valori attuali.

Ma c’è un altro sospetto che aleggia nelle ultimissime ore intorno a BP, e si chiama Clean Water Act, una legge degli Stati Uniti che obbliga a pagare chi ha sporcato le acque marine, fluviali e lacustri nel territorio degli States, se trovato colpevole dalla giustizia. In altre parole, se si dovesse scoprire che BP è stata negligente e che l’incidente al pozzo “Macondo” sotto le acque del Golfo del Messico sia dovuto a questa negligenza, BP dovrà risarcire il Governo degli Stati Uniti per i danni causati.

Ma cosa c’entra questo con l’aspirazione del petrolio dal fondo dal mare? Il fatto è che in caso di condanna, il giudice dovrà quantificare la somma che BP deve risarcire, e lo farà in base al numero di barili di petrolio che sono stati riversati in mare, meno quelli che BP ha recuperato dalle acque o ha bruciato sulla superficie. Questo significa che se BP in questi giorni dovesse essere costretta ad aspirare il 100% di petrolio da quel pozzo, il numero di barili di petrolio che ogni giorno sono stati riversati in mare diverrà un numero reale, invece che una stima ballerina.

Nelle settimane successive al disastro, infatti, BP aveva dato una stima di un migliaio di barili riversati in mare. Poi ha aumentato la stima a 5.000, ma sotto le forti pressioni della stampa americana ha dovuto rilasciare i primi video che riprendevano la perdita principale e che ha permesso le prime stime indipendenti sulla reale fuoriuscita: da 30.000 a 70-80-90.000 BARILI AL GIORNO.

Queste sono solo stime, direbbe BP davanti al giudice. A meno che… a meno che attraverso quella valvola nuova di zecca BP non aspiri tutto il petrolio sulle navi container in superficie.

Un portavoce del Dipartimento di Giustizia sentito dalla CNN ha detto che il prezzo di una eventuale multa si aggirerebbe sui 4.300 dollari a barile. Questo significa una colossale multa di decine di miliardi di dollari, ossia il collasso finanziario di BP.

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