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Le statue dell’Isola di Pasqua hanno “camminato”?

Scritto da Leonardo Debbia il 13.06.2013

Quando si parla dell’Isola di Pasqua, il pensiero va immediatamente alle caratteristiche strutture giganti, i moai – un unicum storico-antropologico – che hanno scatenato le ipotesi degli studiosi sia sul loro significato, ma soprattutto sul metodo usato per innalzare simili monumenti e collocarli dove ora li vediamo, considerata la loro mole e la loro provenienza dalle cave di tufo sull’altra parte dell’isola.

Moai sull'Isola di Pasqua 

 

Quando i primi Europei, nel 1700, raggiunsero Rapa Nui o “ombelico del mondo”, come veniva chiamata dai nativi, trovarono soltanto tremila indigeni, le gigantesche statue dall’espressione enigmatica ed un terreno completamente disboscato. 

 Eppure l’isola era stata coperta da palme almeno fino al 1600 circa, secondo la conferma dei pollini fossili, trovati in quantità.

 Un legame tra alberi e statue doveva esserci sicuramente stato. Ma quale? 

 La completa assenza di alberi suggerì che i monoliti fossero stati fatti rotolare, in posizione orizzontale, dalle cave originarie passando sopra le piante e provocando la deforestazione dell’isola. 

 Lo scorso anno, Carl Lipo, antropologo della California State University, Long Beach, ipotizzò che le statue avrebbero potuto essere state fatte“camminare” in posizione verticale, facendole dondolare lateralmente da destra a sinistra, mentre a forza di braccia si sarebbe provveduto a trattenerle in equilibrio con robuste corde di canapa. Pochi individui avrebbero potuto spingerle avanti, centimetro dopo centimetro.  

Se i primitivi abitanti avessero usato questo sistema di spostamento, non ci sarebbe stata alcuna distruzione degli alberi per il transito delle statue.

 “Viene smantellata l’ipotesi dell’assenza di piante dall’isola dovuta al passaggio delle statue” ha ribadito Lipo, secondo cui alla deforestazione concorsero altri motivi: i coloni polinesiani probabilmente bruciarono le piante per far posto a coltivazioni di patate dolci. O forse i ratti, introdotti per errore sull’isola, divorarono i germogli, impedendo alle piante di riprodursi.

Nel mese di ottobre del 2012, è stato realizzato, sotto l’ègida del National Geographic, l’esperimento NOVA. I ricercatori hanno digitalizzato l’immagine di un moai alto tre metri e pesante cinque tonnellate, realizzandone poi un modello reale che è stato fatto avanzare con successo, seguendo l’ipotesi di Lipo, su una strada sterrata delle Hawaii. 

L’evento è stato descritto sul Journal of Archaelogical Science di questo mese. La gigantesca statua si è mossa alla velocità di un chilometro al giorno che, rapportato alla realtà pasquense, diveniva un periodo di due settimane per un intero percorso. 

John Terrel, antropologo presso il Field Museum di Chicago non coinvolto nello studio, trova plausibile l’ipotesi di Lipo. “La combinazione dei dati archeologici, delle immagini satellitari e della fattibilità umana rende questa storia avvincente”, ha dichiarato a LiveScience.

  L’ipotesi incontra tuttavia energici dissensi. Si sostiene che il terreno collinare e accidentato dell’isola non avrebbe consentito spostamenti con statue in posizione verticale.

  “L’ipotesi di Lipo si basa su particolari geometrie e cioè che tutte le basi fossero più ampie delle spalle per essere spostate”, asserisce Jo Anne Van Tilburg, professoressa della University of California, Los Angeles e direttrice dell’ Easter Island Statue Project, che propende per il trasporto in posizione orizzontale. “Fra le 887 statue da noi esaminate ci sono variazioni importanti delle geometrie. Non c’è bisogno di ricostruzioni fantasiose”, ammonisce. 

 Contrario anche Christopher Stevenson, archeologo della Virginia Commonwealth University:

“Le strade di Rapa Nui hanno un terreno pieno di asperità, sono irregolari, mentre l’esperimento NOVA si è svolto su una specie di pista di aeroporto. Inoltre, la prova è stata fatta con una statua di peso relativamente leggero, dato che i moai più grandi raggiungono le 75 tonnellate. Una differenza non trascurabile”.

 E così, il mistero permane!

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