I dati dal satellite Meteosat, che orbita a 36 Km dalla Terra, sono stati utilizzati per misurare la temperatura del lago di lava Nyiragongo nella Repubblica Democratica del Congo.
I ricercatori, che si sono avvalsi delle apparecchiature Spinning Enhanced Visibile and Infrared Imager (SEVIRI), installate a bordo del Meteosat, comparando i dati in arrivo dallo spazio con quelli delle telecamere termiche a terra, affermano che la tecnica potrebbe essere applicata ad altri vulcani per monitorarne le fasi attive e riuscire così a prevedere le eruzioni.
Il lago di lava del Nyiragongo di notte (crediti: INVOLCAN)
“Ho usato questa tecnica durante l’emissione di una fontana di lava sull’Etna nell’agosto del 2011”, dice la vulcanologa Gaetana Ganci, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che ha lavorato allo studio con i colleghi Letizia Spampanato, Sonia Calvari e Ciro del Negro.
“La prima volta che ho visto i due segnali sono rimasta colpita. Abbiamo trovato una curva di flusso di calore – la misura, cioè, di energia termica che viene espressa – molto simile tra quella della telecamera termica collocata a terra a pochi chilometri dall’Etna e quella del SEVIRI del Meteosat, a 36 chilometri di altezza”.
Trasferire la tecnica al lago Nyiragongo era importante, sia perché il lago di lava era un luogo essenziale per la modellazione di sistemi vulcanici superficiali in genere, ma soprattutto per vedere se si potevano prevedere eventuali eruzioni.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Journal of Geophysical Research.
Il team della dott.ssa Gangi ha sviluppato un algoritmo, battezzato HOTSAT, per rilevare anomalie termiche nella temperatura della superficie terrestre in prossimità del vulcano. Viene calcolata la quantità di energia termica di un’area individuata e presa a riferimento sulla base delle immagini ricevute dal satellite.
E’ la prima volta che la lava del lago Nyiragongo è stato studiata utilizzando immagini termiche a terra in aggiunta ai dati satellitari.
Combinando le frequenti immagini del SEVIRI con le più dettagliate, anche se meno frequenti immagini del MODIS (Moderate Resolution Imaging Soectroradiometer ) della NASA, gli studiosi hanno mostrato che le anomalie delle temperature possono essere osservate dallo spazio prima che avvenga un’eruzione, ritenendo che le osservazioni spaziali potranno certamente assumere un ruolo significativo nella previsione delle eruzioni, ma che la fornitura del preavviso non sarà mai facile.
“I dati satellitari sono un prezioso strumento per migliorare la comprensione dei processi vulcanici. Esiste la possibilità di osservare anomalie termiche proprio poco prima che avvenga una eruzione”, afferma la dott.ssa Gangi. “La combinazione dei diversi tipi di dati da terra e dallo spazio, attraverso l’interferometria radar, le misure sismiche a raggi infrarossi, eccetera, sarebbe la condizione ottimale. Ma per i vulcani, anche per quelli ben monitorati come l’Etna, prevedere l’eruzione non è mai una cosa banale”.
Il team ha sviluppato HOTSAT per avere un sistema automatico di monitoraggio dell’attività vulcanica. Ora, però, si sta già lavorando ad una nuova versione che dovrebbe servire per tutte le aree vulcaniche monitorate da SEVIRI quasi in tempo reale. Le osservazioni da terra resteranno comunque necessarie per la convalida dei dati ricevuti.
“Disporre di dati satellitari per i vulcani di aree remote come il Nyiragongo è ancora più importante che per i vulcani europei. Grazie alle misurazioni realizzate da terra dai colleghi dell’ITER INVOLCAN di Tenerife, in Spagna, dell’Università di Napoli e del Goma Volcanological Observatory della città di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, potremo senza dubbio progredire”, afferma la Gangi.
“Questo studio mostra la gamma di applicazioni cui è destinato il Meteosat”, dichiara Marianne Koenig, direttrice di EUMETSAT per i satelliti Meteosat di seconda generazione, che aggiunge:
“Si tratta di una tecnica che offre la possibilità di monitorare vulcani isolati, difficilmente raggiungibili”.