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Plastica in mare, inquinamento a livello mondiale

Sono cinque le grandi isole di plastica negli oceani del nostro pianeta. E una parte delle microplastiche è già entrata nella nostra catena alimentare

Scritto da Leonardo Debbia il 07.07.2014

Il ‘Malaspina Circumnavigation Expedition’ è un progetto di ricerca scientifica, guidato dal Consiglio nazionale delle ricerche spagnolo (CSIC), che ha coinvolto 400 ricercatori provenienti da tutto il mondo e che è stato portato a termine in questi giorni. Questa ricerca è stata promossa in memoria di un’altra spedizione scientifica che nel 18° secolo portò studiosi di varie discipline a circumnavigare la Terra per ben cinque anni a bordo di due navi spagnole. Quella spedizione era affidata ad Alessandro Malaspina e partì dal porto di Càdice nel 1789.  Proprio in riconoscimento del navigatore, nato in Italia, anche l’attuale circumnavigazione ha preso il via da quello stesso porto di Càdice il 15 dicembre 2010, con la partenza della nave oceanografica Hespérides.

Scopo della spedizione doveva essere la valutazione dell’impatto del cambiamento globale sull’ecosistema e sulla biodiversità degli oceani. Dopo quattro anni, si può affermare oggi che gli studiosi hanno avuto modo di verificare l’esistenza di cinque grandi accumuli di detriti di plastica nei mari della Terra. Oltre all’accumulo della plastica nel Pacifico settentrionale, di cui si aveva già notizia, se ne sono infatti scoperti di simili nella parte centrale del Nord Atlantico, nel Sud Atlantico, nel Sud Pacifico e nell’Oceano Indiano.

Tuttavia, non si deve ritenere che le acque superficiali degli oceani possano essere considerate la destinazione finale dei rifiuti di plastica in quanto, come rilevato dallo studio effettuato, grandi quantità di microplastiche hanno la possibilità di passare, un po’ ovunque nei nostri mari, direttamente alla catena alimentare e ai fondali marini.

Microplastiche

Microplastiche, piccoli detriti di plastica raccolti negli Oceani della Terra  durante la Malaspina Expedition, la campagna di campionamento del 2010
(crediti: CSIC)

I risultati dello studio, condotto dall’Università di Càdice, in Spagna, sono stati pubblicati nei Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS).

Andés Còzar, ricercatore presso l’Università di Càdice, spiega: “ Le correnti oceaniche trasportano oggetti in plastica frammentati in pezzi sempre più piccoli, conosciuti anche come microplastiche, che possono avere una durata lunghissima, anche di centinaia d’anni e, al momento, durante la campagna di campionatura eseguita dalla spedizione spagnola, sono stati rilevati nell’88 per cento della superficie degli oceani

Secondo gli autori dello studio, i risultati ottenuti mostrano che il problema dell’inquinamento da rifiuti di plastica ha quindi carattere globale.

I principali residui presenti sono costituiti di polietilene e polipropilene, polimeri utilizzati nella fabbricazione di prodotti di uso quotidiano tra i più diffusi, come borse, contenitori per alimenti e bevande, utensili da cucina e giocattoli.

Còzar aggiunge: “Da un lato le microplastiche hanno una pesante influenza sul comportamento e sulla catena alimentare degli organismi marini e, qualora ingeriti, possono danneggiare gli apparati digerenti e gastrointestinali di pesci e crostacei.

Tuttavia, d’altro canto, se si vuol considerare un aspetto positivo e inatteso, l’abbondanza di frammenti di plastica galleggiante permette ai piccoli organismi di compiere spostamenti notevoli, venendo trasportati a colonizzare luoghi  prima inaccessibili. Ma forse, più probabilmente e più realisticamente, l’impatto dell’inquinamento da parte di questi rifiuti non è ancora conosciuto a fondo”.

Carlos Duarte, coordinatore del ‘Malaspina Expedition’, avverte che “L’alta concentrazione di rifiuti di plastica non è una prerogativa del Nord Pacifico, ma è diffusa in ogni oceano. Tutto sta nell’individuare i siti delle massime concentrazioni, cosa che la nostra spedizione ha cercato di fare, per definire meglio l’inquinamento globale dei nostri mari”.

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