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Scoperto nell’arenaria della Scozia l’antenato dei rettili volanti del Mesozoico

Scritto da Leonardo Debbia il 21.12.2022

Quando si parla dei dinosauri, il nostro pensiero va immediatamente ai grandi rettili terrestri del nostro passato, dimenticandoci spesso che, mentre le foreste e le praterie di 200 e passa milioni di anni fa brulicavano di questi giganteschi animali, altri rettili, di dimensioni altrettanto enormi, popolavano i laghi e gli oceani o solcavano l’aria esibendo una grande apertura alare.

Qualcuno, all’inizio, pensò bene di assimilare queste ultime creature volanti ad antenati degli uccelli, ma si scoprì ben presto che le membrane tra le zampe e il corpo servivano soltanto a sostenere gli animali in aria quando si lanciavano da un’altura e potevano così ‘planare’ in aria come fanno gli alianti.

Insomma, uno pterosauro – così furono chiamati genericamente – non avevano la possibilità di alzarsi in volo da terra battendo le ali come gli uccelli, animali con cui gli pterosauri non avevano di fatto niente a che spartire .

Ma da dove venivano allora gli pterosauri e qual era stata la loro evoluzione?

Ricostruzione di un ipotetico scheletro di Scleromochlus taylori (in assenza di resti fossili solidi)

Ricostruzione di un ipotetico scheletro di Scleromochlus taylori
(in assenza di resti fossili solidi)

Un recente studio su un minuscolo rettile fossile del Triassico, scoperto per la prima volta oltre 100 anni fa nel nord-est della Scozia, ha chiarito le idee agli studiosi, rivelando solo oggi di essere un parente stretto, o forse un vero e proprio antenato, delle specie che sarebbero evolute come pterosauri, i rettili volanti dell’èra Mesozoica.

La ricerca, i cui risultati sono stati resi noti dalla rivista Nature, è stata condotta da un team di scienziati, guidato da Davide Foffa, ricercatore dell’Università di Birmingham.

Al team britannico si sono aggregati gli studiosi statunitensi del Virginia Tech ed insieme si sono avvalsi della tomografia computerizzata (TC) per fornire una descrizione accurata dell’intero fossile, che era stato classificato inizialmente come Scleromochlus taylori.

I risultati rivelano nuovi dettagli anatomici che lo designano definitivamente come uno stretto parente degli pterosauri. Il gruppo cui è stato assegnato è stato chiamato Pterosauromorpha e comprende un sotto-gruppo estinto di rettili suddiviso a sua volta in lagerpetidi e pterosauri.

Vissuti all’incirca tra 240 e 210 milioni di anni fa, i lagerpetidi erano un gruppo di rettili relativamente piccoli, delle dimensioni di un gatto o un cane di piccola taglia.

Scleromochlus era di lunghezza ancora più piccola, raggiungendo a malapena una ventina di centimetri, e le ossservazioni anatomiche lo fanno ritenere un rettile volante evolutosi da piccoli, probabili antenati bipedi lungo un ramo che portava agli pterosauri.

Il fossile di Scleromochlus si è conservato malissimo nel blocco di arenaria in cui è stato rinvenuto e pertanto le caratteristiche anatomiche non sono molto evidenti.

Genericamente, fa parte di un gruppo noto come i rettili di Elgin, che comprende esemplari del Triassico e del Permiano rinvenuti nelle arenarie di una regione della Scozia vicino alla città di Elgin.

Gli esemplari sono conservati principalmente nelle collezioni del National Museum of Scotland, del Museo di Elgin e del Museo di Storia Naturale. In quest’ultimo è conservato il calco di Scleromochlus, il fossile che lasciò la sua impronta a Lossiemouth, la località della cava di arenaria.

“E’ emozionante riuscire a risolvere un enigma che ci trasciniamo da oltre un secolo; ma ancora più sorprendente è il fatto di poter osservare un animale vissuto 230 milioni di anni fa e poterlo confrontare con i primi rettili che abbiano mai ‘volato’!” afferma Foffa. “L’altro aspetto da sottolineare è l’importanza palese che rivestono le collezioni museali, che ci consentono di mettere in atto le nuove tecniche d’indagine atte a comprendere meglio il nostro passato”.

“La comprensione del passato, attraverso l’uso delle tecniche di studio attuali, è sensibilmente migliorata, quando si pensi che i rettili di Elgin non sono costituiti da scheletri ben fossilizzati e completi, come solitamente si trovano ma, essendosi inevitabilmente dissolti col passare del tempo, sono rilevati esclusivamente dalle cavità lasciate dai loro corpi, come stampi naturali delle ossa nell’ arenaria, riempiti poi di cera o lattice”, precisa il prof. Paul Barrett, del Museo di storia naturale.

Un processo questo non nuovo, ma paragonabile alla ricostruzione dei resti dei corpi riesumati a Pompei, aggiungiamo noi.

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