Sulla rivista Molecular Therapy è apparsa una ricerca dell’Istituto Telethon Dulbecco, guidata dal dottor Davide Gabellini che afferma che è stata dimostrata per la prima volta l’efficacia di una terapia molecolare per la distrofia facio-scapolo-omerale. Questa è una malattia genetica che colpisce, come si deduce dal nome, i muscoli del viso, delle spalle e della scapola, e a volte anche le gambe. Ha sintomi molto diversificati e colpisce individui di tutte le età. E’ una malattia di cui si conosce ancora davvero poco e le cure sono solo sintomatiche. Per questi motivi questa scoperta è di grande rilevanza.
«Per quanto sia tra le principali forme di distrofia muscolare, questa malattia rimane per certi versi ancora un mistero» spiega Gabellini. «Il difetto genetico responsabile è stato localizzato all’estremità del cromosoma 4, in una regione che non contiene geni ma una serie di sequenze ripetute. A provocare la malattia è una riduzione di queste “ripetizioni”, che porta a un aumento dell’attività di alcuni geni. A questo proposito non c’è ancora accordo completo tra gli scienziati: al momento i candidati principali si chiamano FRG1 e DUX4. Con meccanismi ancora non del tutto chiariti, un aumento della produzione delle proteine codificate da questi geni sembra tradursi nei sintomi muscolari tipici di questa distrofia».
Gabellini, che la vora al San Raffaele di Milano ha provato ad agire sui geni cercando di limitarne la sovraattività, attraverso un meccanismo, scoperto per la prima volta nelle piante, che consiste nello “spegnimento” specifico dell’attività di alcuni geni grazie a piccole molecole di Rna a doppio filamento che, una volta riconosciuto il loro bersaglio, ne bloccano l’espressione.
«Abbiamo somministrato questi Rna silenziatori tramite dei virus già usati in terapia genica, chiamati adeno-associati (Aav), che ci sono stati forniti dalla nostra collaboratrice Joel Chamberlain della Università di Washington, a Seattle» spiega Gabellini «Una volta raggiunte le fibre muscolari, queste molecole hanno dimostrato di ridurre significativamente l’attività del gene FRG1. Questo si è tradotto in un netto miglioramento dei sintomi stabile nel tempo, senza alcun effetto tossico: è la prima volta che si ottiene un risultato del genere per la distrofia-facio-scapolo-omerale. Contiamo di ripetere l’esperimento “mettendo a tacere” anche l’altro gene, DUX4, e di affinare la tecnica per renderla quanto più possibile sicura, in vista di un trasferimento all’uomo. Non solo: questo approccio è potenzialmente applicabile ad una trentina di altre malattie genetiche dei muscoli, come per esempio la distrofia miotonica, dovute alla produzione di molecole RNA tossiche».