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Ricercatori comprendono meccanismo chiave della divisione cellulare. Implicazioni per cure contro il cancro

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 06.11.2010
Division cellulare - fonte Wikipedia

Divisione cellulare - fonte Wikipedia

Tracciando il flusso di informazioni in una cella che si prepara per dividersi, ricercatori della Johns Hopkins hanno identificato una proteina  che coordina e regolamenta le dinamiche del cambiamento di forma necessario per la divisione di una singola cellula in due cellule figlie.

La proteina, chiamata 14-3-3, si trova in un’intersezione dove integra segnali convergenti all’interno della cellula permettendole di cambiare forma e, infine, di scindersi in due, un passo necessario per la crescita cellulare del nostro organismo, ma anche la crescita anormale, come ad esempio nei tumori.

In un rapporto pubblicato 9 novembre su Current Biology, il team della Hohn Hopkins ha collegato la proteina 14-3-3 direttamente alla miosina II, un complesso di proteine motrici che monitora e leviga la forma della cellula per assicurare una ripartizione esatta.

“La scoperta del  ruolo della proteina 14-3-3 ha implicazioni mediche immediate ed importanti, perché la divisione cellulare è già uno degli obiettivi principali dei farmaci antitumorali”, afferma Douglas Robinson, professore associato di biologia cellulare presso il Johns Hopkins School of Medicine. “Questa proteina fornisce una nuova opportunità per aggiustare e modulare il meccanismo della divisione cellulare.”

La nuova scoperta è scaturita dagli studi del sul cosiddetto fuso mitotico in un tipo di organismo unicellulare, un’ameba chiamata Dictyostelium. Il ruolo del fuso è quello di separare tutto il materiale genetico in due copie identiche, una per ogni cellula figlia, e coordinare le attività di divisione cellulare sulla membrana esterna della cellula.

Utilizzando uno scrupoloso approccio chimico-genetico, gli scienziati hanno alterato le cellule in modo che esse sono cresciute solo la metà rispetto a quelle normali. Poi hanno usato gli strumenti di ingegneria genetica per cercare di permettere alle cellule si svilupparsi normalmente.

Nello specifico, hanno usato una sostanza chimica che fanno rompere i fusi micotici, e poi hanno cercato i geni “attivati” in risposta a questa catastrofe. Ed ecco che sono spuntate le proteine 14-3-3. Quando poi hanno aumentato la produzione di 14-3-3, hanno trovato che la sostanza chimica ha perso il suo effetto dannoso sulla divisione cellulare.

L’ameba ha una sola forma di proteina 14-3-3 rispetto agli esseri umani, in cui si trovano sette forme che interagiscono con centinaia di proteine che regolano molti processi cellulari. Alcuni tipi di proteine 14-3-3 nell’uomo sono ritenute soppressori tumorali, perché la loro funzione non viene osservata nelle cellule tumorali, mentre altre proteine 14-3-3 sono piùattive in alcuni tipi di cancro, suggerendo di poter diventare utili biomarcatori per monitorare la progressione della malattia.

Ironia della sorte, la mancata divisione può mettere una cellula del percorso di sviluppo del tumore, perché fa sì che una cellula arrivi a contenere il doppio del materiale genetico del normale durante il ciclo cellulare successivo. Tale instabilità cromosomica può metterla a rischio di perdere il materiale genetico come i soppressori tumorali.

Le cellule tumorali hanno spesso alterazioni nelle loro proprietà meccaniche, dice Robinson, aggiungendo che tali alterazioni si ritiene contribuiscano a come le cellule possono metastatizzare, invadere e passare attraverso diversi strati di cellule a migrare verso nuove posizioni nel corpo.

La ricerca promette in prospettiva nuovi progressi per la lotta contro il cancro, che basa la sua pericolosità nel corpo umano proprio sulla suddivisione incontrollata della massa tumorale.

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  • Antonello Laiso scrive:

    A Montecitorio è iniziato il dibattito per la legge sul biotestamento, un tema che ha una particolare complessità e che divide talvolta parlamentari della stessa coalizione. Le scelte, in questo caso, non credo però possano essere fatte dalla politica né spiegate con teorie filosofiche e teologiche.
    Il voler dettare regole innovative deve servire non come imposizioni di una scelta, ma come scelta di sensibilità, di quella sensibilita che ogni essere umano dovrebbe avere e da cui trarre ispirazioni per decisioni regolamentate. Le regole non possono riguardare in questo caso la vita individuale di ogni persona, la politica e la Chiesa non possono imporci ciò che è un diritto disponibile, ovvero la scelta di vivere. Se ci fosse per assurdo una legge di divieto di suicidio non servirebbe ad impedire questi.

    La preoccupazione forte è quella di introdurre delle norme sbagliate che, oltre ad essere in contrasto con la nostra coscienza, siano anche in contrasto con le nostre volontà e, se queste mancano, con le decisioni di chi è in vita. Evidentemente la battaglia non lontana sulla povera Eluana Englaro non è servita a ciò che poteva servire, una lezione. Non si possono – e lo dico a titolo personale – imporre né interferire per legge su volonta decisionali ma solo regolamentare queste. Un atto d’amore non può essere messo in discussione da nessuna legge né terrena né divina, giusta o sbagliata che sia. Vorremmo restare ancora «proprietari della nostra vita», se questo ci è consentito. Il peccato sarebbe l’imporre, il contrario è un atto d’amore anche per il dolore e la sofferenza di chi ci sta accanto, l’accanimento non è mai scienza, il cui dovere morale è quello di prolungare la vita stessa e non l’agonia per una vita. Antonello Laiso