Due ricerche indipendenti, una italiana e una americana, uscite su Nature rivelano che i tumori sono in grado di crearsi i propri vasi sanguigni, e non si limitano ad accrescere quelli già esistenti. Questi studi svelerebbero anche il motivo dell’inefficacia di una nuova classe di farmaci che sembrava invece molto promettente. E la notizia nella notizia: sui giornali italiani scompare la ricerca americana.
Risale a quarant’anni fa l’idea che i tumori siano dipendenti dai vasi sanguigni che li circondano, e che bloccando l’afflusso di sangue avremmo sconfitto i tumori. Nel 2004 uscì il primo farmaco mirato per fare questo, il Bevacizumab (Avastin), che bloccava la crescita dei vasi sanguigni, ma e altri ‘inibitori dell’angiogenesi’ si sono rivelati deludenti nei primi studi clinici, con un effetto di prolungamento della vita dei pazienti di al massimo un paio di mesi.
Ora due studi pubblicati oggi online su Nature hanno visto che in realtà i tumori sono in grado di far crescere dei propri vasi sanguigni direttamente da cellule tumorali staminali. E starebbe qui la ragione per cui l’Avastin e altri farmaci inibitori non si stanno rivelando efficaci.
In entrambi gli studi, i ricercatori hanno lavorato con campioni tumorali di pazienti affetti da un tipo aggressivo di cancro chiamato glioblastoma cerebrale. E hanno scoperto che molte delle cellule dei vasi sanguigni all’interno del tumore presentavano marcatori genetici caratteristici delle cellule tumorali, suggerendo che i vasi sanguigni avevano avuto origine dal tumore.
I ricercatori hanno poi usato i marcatori per identificare un sottogruppo di cellule tumorali conosciuto per avere proprietà simili alle cellule staminali – cioè, la capacità di svilupparsi in cellule con funzioni diverse. In un piatto, queste cellule potrebbero rendere i vasi sanguigni e, quando sono state iniettate nel cervello dei topi, i tumori sviluppati con i vasi sanguigni che chiaramente proveniva da celle originali umano. I ricercatori hanno quindi dedotto che queste cellule simil-staminali potrebbero formare sia cellule tumorali sia cellule di vasi sanguigni.
Il primo gruppo di ricercatori, quello americano, guidato da Viviane Tabar, neurochirurga e ricercatrice sulle cellule staminali presso il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, ha usato il farmaco Avastin in vitro sulle cellule tumorali, scoprendo che non riesce a fermare la prima differenziazioni delle cellule simil-staminali in precursori dei vasi sanguigni.
Il gruppo italiano, guidato da Ruggero De Maria dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma ha invece distrutto selettivamente i vasi sanguigni che erano stati generati dalle cellule tumorali, e ha registrato una decrescita del tumore, dimostrando la sua dipendenza da questi vasi sanguigni. Tuttavia, il numero di vasi sanguigni derivati da cellule tumorali in ogni campione di tumore varia dal 20% al 90%, suggerendo che la formazione dei vasi sanguigni è più importante per alcune forme tumorali rispetto ad altre.
De Maria ha dichiarato: “Abbiamo esaminato i tessuti di circa quaranta pazienti ammalati di glioblastoma multiforme, uno dei tumori più aggressivi, per il quale non esistono terapie efficaci, e abbiamo potuto osservare come le sue cellule staminali siano in grado di far crescere il tumore, generando direttamente dei nuovi vasi sanguigni. Questi nuovi vasi nutrono il tumore e gli permettono di crescere e invadere il cervello. Si tratta di una osservazione molto importante perché questo studio ha mostrato come la maggioranza dei vasi sanguigni del tumore sia costituita da cellule staminali tumorali trasformate in cellule endoteliali, cioè nelle cellule che normalmente sono deputate alla formazione dei vasi sanguigni necessari a portare ossigeno e sostanze nutritive al nostro organismo.”
A questo punto i ricercatori si aspettano che rifocalizzando le terapie tenendo conto di questa nuova importante caratteristica dei tumori, si protranno sviluppare nuovi farmaci o usare quelli già a disposizione in modi più efficaci.