Gaianews

Isola di Pasqua: le enigmatiche ‘punte di freccia’ non erano armi da guerra

Scritto da Leonardo Debbia il 02.03.2016

L’analisi dei reperti trovati sulle spiagge dell’Isola di Pasqua, (o Rapa Nui, nella lingua dei locali), la misteriosa isola al largo delle coste cilene, che inizialmente aveva fatto ritenere di essere dinnanzi ad antiche punte di lancia, offre ora una nuova interpretazione.

Un recente studio, infatti, condotto da Carl Lipo, docente di Antropologia presso la Binghmton University, dello Stato di New York, ipotizza che i manufatti rinvenuti sull’isola, finora ritenuti armi primitive, altro non sarebbero stati se non attrezzi di uso generico, che costituirebbero così una solida prova contro la diffusa convinzione che l’antica civiltà dell’isola sia andata distrutta da una serie di guerre tra antichi gruppi umani locali.

isola-pasqua-frecce

Immagini di vari mata’a (Crediti: Carl Lipo, Binghmton University)

La storia tradizionale di Rapa Nui, di fatto, racconta che prima dell’arrivo degli Europei, tra la popolazione isolana – rimasta, non si sa bene perché, a corto di risorse – si siano scatenati sanguinosi scontri di massa tra le varie tribù, portando al collasso l’intera civiltà pasquense.

Uno degli elementi di prova a sostegno di questa teoria sarebbero le migliaia di manufatti in ossidiana, di forma triangolare, ritrovati sul terreno e noti come mata’a. A causa della gran quantità di questi oggetti e in virtù della loro composizione in vetro, molto tagliente, molti studiosi ritengono trattarsi di primitive punte di lancia, usate come armi dagli antichi abitanti dell’isola per le loro contese intestine.

Lipo e il suo team hanno analizzato scrupolosamente la variabilità delle forme di oltre 400 mata’a raccolti sull’isola, utilizzando la tecnica della morfometria, con cui hanno potuto analizzarne le forme in maniera quantitativa.

Sulla base, cioè, della grande variabilità delle forme di mata’a e della loro estrema differenza dalle altre lance tradizionali, i ricercatori hanno potuto stabilire che questi oggetti probabilmente non furono mai utilizzati per combattere, come si sarebbe potuto fare con le comuni lance.

“Abbiamo scoperto che, osservando attentamente la forma di questi oggetti, non si può affermare che somiglino a delle lance”, afferma Lipo. “Paragonandole con lance europee o anche altre forme di lancia trovate un po’ ovunque nel mondo, non si può non tener conto che l’esistenza di oggetti da utilizzare come arma implica una certa sistematicità nelle forme e anzi, come primo requisito, la necessità di una costruzione molto ben eseguita per poter essere impiegata utilmente, pena il rischio di sconfitta”.

“In pratica, qualunque cosa può essere utilizzata come un’arma”, prosegue Lipo. “Ma, se si vuole che siano efficaci nei combattimenti, le armi debbono avere caratteristiche adatte ad offrire buone prestazioni e, per questo, è importante che siano modellate per lo scopo che ci si prefigge, cioè idonee per l’attacco. Con i mata’a esaminati si potrebbe forse ferire qualcuno, ma certamente non in maniera letale”.

Secondo Lipo, questa prova va a sostenere con forza l’idea che l’antica civiltà degli isolani non abbia mai sperimentato il combattimento che è stato spesso teorizzato o, peggio ancora, una guerra tra indigeni.

Tutto lo scenario rafforza, invece, la convinzione che l’uso dei mata’a come armi che abbiano provocato la fine di quella civiltà sia soltanto un’interpretazione europea, riportata ‘a posteriori’, e non un evento accaduto realmente.

“Tradizionalmente, si è sempre pensato ad un crollo violento della civiltà sull’isola. Le popolazioni vissero invece tranquillamente e in pace fino all’arrivo degli Europei”, dichiara Lipo.

A cosa siano serviti gli antichi attrezzi, non si sa con precisione.

Di sicuro si sa soltanto che sono dappertutto sull’isola e forse doveva trattarsi solo di strumenti culturali, impiegati probabilmente in compiti rituali, quali il tatuaggio o alcune attività domestiche.

“Mancano solidi indizi per sostenere ancora che i mata’a fossero armi. E’ stato ritenuto erroneamente che, di fronte ad un panorama di roccia spoglia, la popolazione dell’isola sia stata spazzata via da qualche evento catastrofico. Non abbiamo, invece, alcuna prova certa di eventi del genere, e la spiegazione resa finora, è stata, in realtà, soltanto una pura interpretazione”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA