Recentemente ci siamo occupati del caso di Fortorino, un ibrido fra cane e lupo, che è attualmente tenuto in custodia da un privato a Parma, ma che, secondo le associazioni ambientaliste, dovrebbe essere spostato al più presto presso un centro di recupero della fauna selvatica. Abbiamo intervistato sull’argomento il dottor Ettore Randi dell’ISPRA, che si occupa da anni del problema degli ibridi, e che ha eseguito le analisi genetiche che hanno rivelato che Fortorino è un ibrido fra un cane e un lupo.
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Domanda: Quali sono i risultati delle analisi?
Ettore Randi: Vorrei precisare che le analisi sono state fatte su campioni ricevuti da Benevento e non so se corrispondano con l’animale che adesso è a Parma. Io ho fatto delle analisi su campione di un canide che al momento del prelievo era a Benevento. Certamente, questo animale è stato affidato ad un privato a Parma, ma non ho avuto altro materiale, quindi non posso accertare che l’animale sia lo stesso. Abbiamo eseguito le analisi su campioni di sangue. Il risultato è che l’animale è un incrocio fra un lupo e un cane.
D.: Possiamo conoscere il grado di ibridazione? Dal punto di vista legale questa sembra essere un’informazione importante.
E.R.: Sì, dal punto di vista legale questo fa la differenza, ma il problema è che noi non siamo in grado di accertare con precisione il grado di ibridazione, cioè la generazione. Gli ibridi si formano tramite una prima generazione di incrocio a cui segue una seconda e una terza eccetera, ma in questo caso non siamo in grado di accertarlo, non possiamo andare oltre un’ipotesi. L’accertamento si può fare solo se esistono e si conoscono i possibili genitori, conoscendo se siano lupi o cani o a loro volta ibridi, ma non è questo il caso.
Noi supponiamo, ma è solo una supposizione, che sia un ibrido recente. Recente può voler dire da una a tre generazioni nel passato, ma non possiamo indicare con precisione la generazione. Quindi nel referto che abbiamo realizzato abbiamo scritto che i dati sono compatibili con un’origine recente dell’ibrido, ma non abbiamo potuto indicare la generazione.
D.: Nella legge, che è un’applicazione della Convenzione Cites si dichiarano protetti gli ibridi fino alla quarta generazione. Voi non riuscite a determinare la generazione per una mancanza di campioni, o perché le analisi effettuate non sono state sufficientemente approfondite oppure non è possibile, solo attraverso le analisi, stabilire la generazione di ibridazione? In quest’ultimo caso si evidenzierebbe un vuoto normativo?
E.R.: La normativa di cui parla è stata creata per specie animali che vengono allevate e quindi esiste un record della genealogia. Ma questo con gli animali che vivono in natura è praticamente impossibile. Certamente si possono fare esami più approfonditi di quelli che si fanno di routine, li possiamo fare anche noi, ma il problema di fondo rimane, e cioè non c’è un campione adeguato delle popolazioni di riferimento, perché sia quella del cane che del lupo sono troppo ampie. Quindi, anche esami più approfonditi arriveranno a ipotesi, ma non a certificazioni sulla generazione.
Le normative in generale, ma anche quelle comunitarie in generale sugli ibridi che coinvolgono specie selvatiche o popolazioni naturali sono ancora molto approssimative. C’è molto da fare sul piano giuridico e normativo per precisare la questione.
D.: Che problemi pone il proliferare degli ibridi?
E.R.: Se cani e lupi si dovessero ibridizzare in maniera massiccia le peculiarità genetica della popolazione italiana di lupo si perderebbero. Le implicazioni possono essere tantissime: può cambiare l’aspetto esterno dei lupi, che perdono le caratteristiche di forma, colore e mantello. Un’altra conseguenza su cui esiste ancora poca documentazione, ma che è un rischio reale, è che cambino i comportamenti, perché il cane è stato addomesticato per vivere assieme all’uomo, il lupo invece è stato selezionato per vivere in natura. Gli ibridi possono avere comportamenti diversi che magari li possono rendere meno diffidenti nei confronti dell’uomo, quindi in ultima analisi più pericolosi.
Potrebbe inoltre cambiare la resistenza alle malattie, perché i lupi sono selezionati per difendersi naturalmente dalle patologie che ci sono in un ambiente naturale e i cani, come tutti gli animali domestici, invece, sono portatori di patologie che normalmente non sono presenti nelle popolazioni selvatiche e questo potrebbe creare conseguenze negative per la popolazione che ibridizza. Quindi, c’è tutta una serie di conseguenze potenzialmente negative che portano chiunque si occupi di conservazione a contrastare l’ibridazione fra lupo e cane.
D.: Cosa sarebbe meglio fare quando si trova un ibrido?
E.R.: Tutte le volte che si recupera un individuo ibrido, la direttiva, dal punto di vista della conservazione è di non rilasciarlo in natura, o perlomeno di prendere in considerazione la possibilità di sterilizzare l’individuo e quindi di rilasciare un ibrido, che non si riproduce più, oppure di tenerlo in un recinto dove c’è la disponibilità di farlo, e per questo abbiamo i recinti di Recupero della Fauna Selvatica dove questi animali, anche quello che ora si trova a Parma, potrebbero stare meglio che non affidati a un privato. In quest’ultimo caso infatti si corre il rischio che si perda il controllo sull’animale che potrebbe sfuggire e quindi ritornare libero e tornare a ibridizzare altri individui, oppure l’animale potrebbe essere utilizzato per incroci con cani, creando razze come il cane lupo di Sarloos che ha notoriamente comportamenti aggressivi e imprevedibili e che mettono a rischio l’incolumità delle persone.