Recentemente il caso di un ibrido fra un cane e un lupo tenuto in custodia da un privato a Parma ha fatto emergere un grave problema legato alla conservazione del lupo, per la cui tutela negli ultimi decenni si sono spesi moltissimi sforzi, che rischiano di essere vanificati a causa dell’ibridazione con il cane. Abbiamo intervistato il professor Luigi Boitani, dell’Università La Sapienza di Roma, che da anni si occupa della conservazione del lupo e che per primo negli anni ’70 lanciò l’allarme sugli ibridi, che resta però ad oggi inascoltato.
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Domanda: Professor Boitani può spiegarci brevemente cos’è un ibrido?
Luigi Boitani: Tecnicamente un ibrido è il risultato di due specie che si incrociano. Il problema è che quando parliamo di una specie domestica il termine diventa un po’ inappropriato, perché le specie domestiche non sono delle specie vere e proprie, ma dei prodotti dell’evoluzione artificiale plasmati dall’uomo per suo uso e consumo. Però chiamiamo ibridi anche quelli: quindi cane e lupo, che appartengono alla stessa specie, quando si accoppiano creano un ibrido, cioè una bestia che non è né cane né lupo, ma ha delle caratteristiche di entrambi.
D.: Che problemi pongono gli ibridi fra cane e lupo?
L.B.: Il primo problema è di natura conservazionista. Gli ibridi sono di colori diversi, dal nero completo al mantello pezzato, ma anche di tipo lupino con caratteri strani: coda lunga e orecchie lunghe, ad esempio. E quindi pongono un problema per la conservazione dell’identità del lupo italiano. Conservando gli ibridi stiamo conservando degli animali che non solo non sono lupi, ma sono una minaccia al lupo stesso. Il lupo è protetto da normative europee e per la legge italiana è una specie particolarmente protetta.
Questa degli ibridi, pur essendo una minaccia nuova e diversa da quelle a cui siamo abituati, come il bracconaggio, ad esempio, è molto grave perché la popolazione dei cani è numerosissima e quella dei lupi invece è esigua a confronto. I cani che si accoppiano coi lupi, tra l’altro, non sono solo i randagi e i rinselvatichiti, ma anche e soprattutto i padronali, cioè quei cani che vengono tenuti in libertà, ma appartengono alle persone che in montagna ci vivono.
Poi il problema è anche normativo e legale: noi oggi paghiamo i danni fatti dal lupo e mi sembra una cosa giusta. E’ giusto che si usino le tasse pagate dai cittadini per pagare i danni fatti da un ibrido che anzi è una minaccia alla conservazione del lupo?
D.:Che cosa si può fare per affrontare il problema?
L.B.: Ora sarebbe necessario capire con molta urgenza l’entità del fenomeno, perché se si tratta di casi identificabili si può ancora agire, ma se il fenomeno è tanto diffuso, rischiamo seriamente di perdere il lupo a causa del cane, e anche di non esserne consapevoli! Sarebbe urgentissimo un campionamento su tutto l’Appennino con delle analisi genetiche appropriate, ma nessuno se ne interessa, né le Regioni, né il Ministero, né le associazioni animaliste, né i conservazionisti.
Il problema è anche tecnico: un ibrido può essere cane o lupo in diverse percentuali, diciamo così. Fino a che percentuale posso definire lupo un lupo? Se un lupo ha un 1% di gene canino lo devo considerare un lupo oppure no? Cioè, lo devo tenere libero in natura oppure no? Questa è una domanda che non ha una risposta per il momento, perché nessuno si è occupato del problema per prendere una decisione e sviluppare delle linee guida.
D.:Quanto può aiutare la genetica?
L.B.: La genetica ha dei limiti tecnici, risponde con certezza fino alla seconda generazione, già alla terza o la quarta si fanno ipotesi e non si hanno certezze. Però c’è un altro strumento, ed è quello dei dati morfologici. Un problema simile è stato affrontato e parzialmente risolto in Scozia dove si poneva in maniera analoga sul gatto, fra gatto selvatico e gatto domestico. Qui hanno prodotto delle linea guida molto precise che mescolano tecniche di tipo genetico con tecniche di tipo morfologico per decidere quando e come rimuovere gli animali dalla natura. Noi dovremmo fare una cosa del genere.
D.: Esiste una stima della popolazione degli ibridi?
L.B.: No, non c’è e sarebbe da fare urgentemente. Noi ora abbiamo una serie di prove morfologiche e genetiche confermate anche dal dottor Ettore Randi dell’ISPRA, di presenza di ibridi sull’Appennino Tosco Emiliano e in Toscana sulla costa. Nel Parco della Maremma c’è un branco di ibridi. Sono animali che sopravvivono bene, all’aspetto sembrano cani e quindi nessuno gli spara come magari purtroppo succede con i lupi. Ci sono evidenze di ibridi in Abruzzo, nel Pollino e in Puglia.
D.: Alla luce di quello che ci siamo detti cosa pensa del caso di ibrido detenuto a Parma da un privato?
L.B.: Intanto ritengo che sia scorretto il processo con cui l’animale è stato affidato. La Forestale non ha il potere di distribuire lupi o ibridi a chiunque. In ogni caso dovrebbe essere tolto dal controllo di un privato e messo nei recinti che ha la Forestale a Popoli, in Abruzzo, ad esempio, dove l’animale può essere meglio custodito e studiato. L’ibrido non deve diventare un animale domestico che sta in casa, perché questa sarebbe la fine di qualsiasi tentativo di controllare l’ibridazione e quindi la fine della conservazione del lupo.
D.: Ipotizzando che si perdesse il genoma del lupo e che avessimo una popolazione di ibridi invece che di lupi, che implicazioni tangibili ci sarebbero? Detto in maniera un po’ brutale, che differenza fa?
L.B.: La risposta alla sua domanda è di natura etica: il lupo va protetto perchè è una specie genuina prodotta dalla evoluzione naturale e l’uomo ha la responsabilità di conservarla. L’ibrido è un prodotto del nostro intervento, anzi della nostra disattenzione e incuria per la natura, e non necessariamente merita sforzi, fondi e costi politici e sociali per il suo mantenimento in natura: l’uomo ha già il suo ibrido, si chiama cane, fatto oltre 12000 anni fa per stare vicino all’uomo. Tutti i cani dovrebbero essere tenuti vicino all’uomo, non nella natura selvatica che è invece il posto del lupo
La storia
D.: Quando e perché i ricercatori hanno cominciato ad interessarsi agli ibridi?
L.B.: Noi non sappiamo da quanto esistano gli ibridi. E’ presumibile che ci siano sempre stati, grosso modo. Però finché la popolazione di lupi è stata molto numerosa, gli eventi di ibridazione erano marginali e comunque non hanno lasciato un segno importante. Il problema è esploso negli ultimi 20-30 anni, quando la popolazione dei lupi era ridotta ad un piccolo numero sull’Appennino.
Il primo ibrido accertato risale al 1976 quando ho cominciato le ricerche sul lupo. Durante una ricerca ho catturato una femmina che viveva da sola al margine del territorio di un branco. Siccome era sola quando è andata in calore si è accoppiata con un cane pastore del paese, Sant’Eufemia a Majella in Abruzzo, e sono nati 6 cuccioli. Dei sei, 4 erano neri con una zampa bianca e gli altri due erano di “tipo lupo”, ma con un pelo e delle dimensioni da ibrido. Quella è stata la prima volta che si aveva una prova della presenza degli ibridi.
A quel punto io lanciai l’allarme, perché se era capitato a me di vederlo, chissà quante volte poteva capitare senza che nessuno se ne accorgesse. Ma nessuno mi ha dato ascolto: né le autorità, né i parchi, né le associazioni di conservazione, ma anche moltissimi ricercatori sostenevano che fosse un caso e che non era quindi un problema.
I genetisti, in particolare l’ISPRA, hanno sempre negato che fosse un problema, perché dicevano che non c’era evidenza che gli ibridi potessero spargere all’interno della popolazione i loro geni, cosa che tecnicamente si chiama introgressione. A quel tempo però non avevano gli strumenti tecnici adeguati per rilevare questo fenomeno, che invece c’è stato, c’è tuttora ed è sempre più forte.
I lupi neri sono ibridi?