Ricavare idrogeno dall’acqua attraverso l’elettrolisi non è un’idea nuova. Ma cos’è l’elettrolisi? E’ un processo industriale già ampiamente sperimentato, che consente, con l’impiego di corrente elettrica veicolata tramite un elettrodo immerso in acqua, di rompere i legami tra gli atomi di idrogeno e ossigeno, separando così le diverse molecole. Il platino, se non fosse per i costi proibitivi, è ad oggi il miglior catalizzatore per elettrolisi. Il problema di questo tipo di tecnologia sta nei costi e nell’impatto ambientale, perché l’energia necessaria per sostenerla è molto maggiore di quella che poi si ricava dall’idrogeno prodotto. Proprio per questo, per essere sostenibile su larga scala dovrebbe essere realizzato a partire da fonti pulite e ampiamente diffuse, cioè dalla possibilità di utilizzare l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Bisogna, inoltre, tenere a mente che il mondo consuma circa 55 miliardi di chilogrammi di idrogeno all’anno, i cui costi di produzione dal metano si aggirano fra 1e 2 dollari per chilogrammo. Qualsiasi processo alternativo dovrebbe innanzitutto andare a ridurre i costi di produzione.
Nonostante l’idrogeno sia un elemento chimico diffusissimo in natura, ovunque, persino nel nostro corpo, generalmente non si trova come gas puro (H2) ma combinato con l’ossigeno nell’acqua (H2O) o con il carbonio nel metano (CH4). L’idrogeno molecolare (H2) è ampiamente utilizzato nell’industria moderna per la produzione di fertilizzanti e per raffinare il petrolio greggio in benzina. Ma ad oggi, la sua produzione avviene attraverso un processo che consuma una grande quantità di energia e contemporaneamente rilascia in atmosfera un’ingente quantitativo di carbonio, contribuendo così ad accrescere le emissioni globali di carbonio.
E qui entrano in gioco alcuni ricercatori universitari, esperti di nanotecnologie, provenienti dalla facoltà di ingegneria dell’Università di Stanford e dall’Università Aarhus in Danimarca che spiegano come liberare idrogeno dall’acqua su scala industriale mediante elettrolisi, senza emissione di carbonio nell’atmosfera. Le due università hanno, infatti, progettato un catalizzatore efficiente e rispettoso dell’ambiente per la produzione di idrogeno molecolare, che facilita il flusso continuo di reazioni chimiche senza soluzione di continuità. Il progetto è stato concepito dal ricercatore Jakob Kibsgaard con Thomas Jaramillo, un professore di ingegneria chimica a Stanford e con Flemming Besenbacher, professore presso l’Interdisciplinary Nanoscience Center (iNANO) ad Aarhus. I ricercatori descrivono in un articolo pubblicato lo scorso 26 gennaio sulla rivista Nature Chemistry il processo che ha portato alla re-ingegnerizzazione della struttura atomica di un comune materiale industriale economico (il solfuro di molibdeno e la grafite, un materiale che conduce elettricità), che lo ha reso efficace per liberare l’idrogeno dall’acqua, per l’elettrolisi cioè, quasi come il platino. Questa scoperta avrebbe le potenzialità per rivoluzionare la produzione industriale di idrogeno.
La questione adesso consisterebbe nell’idoneità e nell’efficacia di questa tecnologia a rispondere alla domanda globale di idrogeno (55 miliardi di chilogrammi all’anno) e a quale costo per chilogrammo. Secondo i ricercatori, quindi, questa tecnologia riuscirebbe a produrre idrogeno in impianti di elettrolisi su larga scala con dei costi che si aggirano fra 1,60 e 10,40 dollari per chilogrammo, senza alcuna riduzione di costi, per il momento. Sono ancora molti i pezzi del puzzle da combinare per portare a compimento il progetto – ha detto Thomas Jaramillo – ma possiamo ottenere enormi ritorni passando dalle risorse ad alta intensità di carbonio alle tecnologie sostenibili e rinnovabili per produrre le sostanze chimiche di cui abbiamo bisogno per il cibo e l’energia”.