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Dalle Transizioni di Fase novità sull’evoluzione dell’Universo

Scritto da Annalisa Arci il 12.09.2013

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento e dell’Ino-Cnr ha condotto uno studio sui difetti nelle transizioni di fase di non equilibrio, ad esempio tra la fase isotropa e la fase nematica di un cristallo liquido, mostrando l’analogia formale tra la descrizione di quello che, verosimilmente, fu il meccanismo responsabile della nascita di difetti cosmici nell’Universo primordiale all’epoca del Big Bang  – conosciuto come meccanismo di Kibble-Zurek – e lo sviluppo di difetti nella fase ordinata di un sistema a molti corpi che subisca una transizione passando rapidamente attraverso il valore critico del parametro. 

In questo modo è stato possibile confermare in laboratorio la famosa teoria che Tom Kibble introdusse nel 1976nel tentativo di descrivere in modo coerente e completo i primi istanti di vita dell’Universo dopo il Big Bang. Lo studio del professor Franco Dalfovo dell’Università di Trento e dei ricercatori Gabriele Ferrari e Giacomo Lamporesi di Ino-Cnr, che si intitola Spontaneous creation of Kibble–Zurek solitons in a Bose–Einstein condensate è comparso sulla rivista Nature Physics. 

Cosa sono le transizioni di fase? Ne abbiamo esperienza quotidianamente: pensiamo all’acqua che si congela diventando ghiaccio quando la esponiamo a temperature molto fredde. Il “passaggio” dallo stato liquido allo stato solido delle molecole d’acqua è chiamato transizione di fase. La peculiarità di questi fenomeni è di non essere circoscritti solo al dominio del macrocosmo: questo significa che possono interessare anche oggetti microscopici, come atomi e molecole – si parla in questo caso di transizioni di fase in ambito quantistico – oppure su scale decisamente maggiori come l’Universo.

Solitons in an elongated BEC.

Schema dell’esperimento sul condensato di Bose-Einstein (crediti: Nature Physics).

Ed è in quest’ultimo versante che si hanno le novità maggiori, come spiega Gabriele Ferrari: “le prime transizioni di fase osservabili si fanno risalire ai primi momenti dopo il Big Bang. A seguito di questa esplosione primordiale l’Universo si sarebbe rapidamente espanso cambiando profondamente le condizioni di densità e temperatura e attraversando le temperature critiche che distinguono diversi stati della materia. La teoria introdotta nel 1976 dal fisico inglese Tom W. B. Kibble ipotizza che il passaggio rapido attraverso una transizione di fase desse luogo alla formazione di ‘difetti’ la cui esistenza può giocare un ruolo importante sulla successiva evoluzione dell’Universo”. 

Purtroppo le osservazioni sperimentali di questa teoria sono praticamente impossibili: “nel 1985 il fisico Wojciech H. Zurek, suggerì che lo stesso tipo di generazione spontanea di difetti, causata dall’attraversamento repentino di transizioni di fase, potesse manifestarsi anche in altri sistemi fisici riproducibili in laboratorio in condizioni decisamente meno estreme rispetto al Big Bang”, ha precisato Franco Dalfovo.

La prima prova sperimentale è stata possibile partendo dal Condensato di Bose-Einstein (BEC). Un BEC è un vero e proprio termometro quantistico, uno stato inusuale della materia in cui gli atomi si comportano in modo un po’ strano, disponendosi nel livello energetico più basso (che è lo stato quantistico di minore energia). Gli studiosi, in sostanza, hanno osservato i difetti causati dal meccanismo di Kibble-Zurek durante il raffreddamento di atomi di sodio a temperature prossime allo zero assoluto (-273,15°C), nel passaggio dal normale stato gassoso a uno stato quantistico della materia, il condensato di Bose-Einstein. Questa osservazione è stata possibile grazie al monitoraggio del comportamento dei solitoni, quelle onde composte da atomi ultrafreddi e localizzate nello spazio che mantengono forma e dimensione invariate nel tempo.

Con che risultato per la Cosmologia? “Se il passaggio è fatto in modo veloce, il condensato si sviluppa in zone diverse e indipendenti del gas, come isole di un arcipelago in cui si parlano lingue diverse. Il nostro gruppo ha potuto osservare direttamente i confini tra queste isole microscopiche, detti ‘solitoni’ nel gergo della meccanica quantistica. Le nostre osservazioni potrebbero contribuire a fornire una migliore comprensione delle transizioni di fase della materia e nuovi indizi sulla storia dell’origine dell’Universo”, ha concluso Giacomo Lamporesi.

 

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