Un team di ricercatori dell’Università del New South Wales, a Sidney, ha dimostrato che un qubit basato sullo spin di un singolo elettrone legato a un atomo di fosforo – incardinato in un chip di silicio – sia uno dei sistemi più promettenti per la costruzione di un computer quantistico, soprattutto grazie all’ampio uso di silicio nell’industria microelettronica. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Potrebbe sembrare strano ma questa ricerca non sembra fare dell’entanglement il suo cavallo di battaglia. L’entanglement è l’implicazione più intrigante delle leggi della fisica quantistica. Quando due particelle sono entangled (o aggrovigliate) si fondono: nessuna delle due possiede di per sé un’ identità propria, ma è il loro stato collettivo a determinarla. Le particelle correlate si comportano come un’unica entità, anche quando sono divise da una grande distanza. Albert Einstein è sempre stato preoccupato di questa condizione, per le sue ricadute sul realismo locale, al punto di etichettare l’entanglement come un’azione spettrale a distanza. Ciò posto, gli esperimenti non fanno che confermare la sua esistenza.
Gli stati entangled sono interessanti soprattutto per l’informatica quantistica, dato che consentono di effettuare simultaneamente un enorme numero di calcoli; ad esempio, un computer quantistico con 400 unità di base potrebbe elaborare contemporaneamente un numero maggiore di informazioni di quanti atomi esistono nell’Universo. Negli ultimi anni, gli scienziati sono riusciti a realizzare qubit entangled all’interno di un singolo chip.
La prof.ssa Michelle Simmons, coordinatrice del team di ricerca presso l’Università del New South Wales, ha invece fatto leva sullo spin degli elettroni. Prima ancora di pensare alle correlazioni tra particelle necessarie per trasmettere le informazioni, è necessario capire come manipolare ogni singolo qubit. Ecco che entra in gioco lo spin.
Per essere in grado di manipolare una coppia di elettroni spin based su singoli qubit atomici, i qubit devono essere collocati con precisione. Cosa significa? Che devono essere ad una distanza di poche decine di nanometri. Questo pone delle restrizioni e dei problemi tecnici sul piano operativo, e un problema più vasto sulle capacità di controllarli singolarmente quando sono così vicini.
Per distinguere qubit adiacenti a solo pochi nanometri di distanza, i ricercatori hanno pensato di ruotarli. Ecco la sorpresa. Ruotandone uno, ruotano tutti, e questo rende impossibile non solo controllarli individualmente ma rende nulla la loro capacità computazionale. L’effetto si verifica solo quando ogni singolo elettrone è ospitato all’interno di un atomo di fosforo. Infatti, se ogni elettrone è ospitato da un diverso numero di atomi di fosforo, i qubit risponderanno a diversi campi elettromagnetici, e ogni qubit potrà essere distinto dagli altri. Paradossalmente, nei sistemi quantistici complessi è più facile controllare gli elettroni proprio facendo leva sullo spin.