Gli scienziati dell’Istituto Kavli di nanoscienze presso la Delft University of Technology e dell’Eindhoven University of Technology in Olanda sono riusciti a controllare gli elementi costitutivi di un futuro computer quantistico super-veloce. Essi sono ora in grado di manipolare questi “atomi” di informazione quantistica (qubit) con un campo elettrico piuttosto che con campi magnetici, come è stata la prassi fino ad oggi. Sono stati anche in grado di incorporare questi qubit in nanofili di semiconduttore. I risultati degli scienziati sono stati pubblicati nell’ultimo numero della rivista scientifica Nature del 23 dicembre.
Spin
Un qubit è la struttura di base di un possibile, futuro computer quantistico, che supererà di gran lunga i computer attuali in termini di velocità. Un modo per ottenere un qubit è di intrappolare un singolo elettrone in un materiale semiconduttore. Un qubit può, proprio come in un normale computer, adottare gli stati ‘0’ e ‘1 ‘. Ciò si ottiene usando lo spin di un elettrone, che è generato dalla rotazione dell’elettrone sul suo asse. L’elettrone può girare in due direzioni (in rappresentanza dello stato ‘0’ e dello stato ‘1’).
Elettrico invece di magnetico
Fino ad ora, lo spin di un elettrone è stato controllato da campi magnetici. Tuttavia, questi campi sono estremamente difficili da riprodurre nella minuscola scala dei componenti presenti su un chip. Lo spin degli elettroni nei qubit che sono stati intrappolati dagli scienziati olandesi può essere controllato ora da una carica o da un campo elettrico, piuttosto che dai campi magnetici.
Questa forma di controllo ha grandi vantaggi, come ha affermato Leo Kouwenhoven, ricercatore presso l’Istituto Kavli di nanoscienze: “Questi qubit combinano il meglio dei due mondi. Essi sfruttano i vantaggi dell’elettronica di controllo ma anche della possibilità di archiviazione delle informazioni di spin dell’elettrone.” In altre parole, è come avere sia la logica che la memoria in un unico minuscolo componente quantistico (transistor + memoria), cosa che nell’elettronica classica va fatto in due componenti distinti.
Fili invisibili
C’è un’altra novità importante nella ricerca olandese: gli scienziati sono stati in grado di incorporare due qubit in nanofili di materiale semiconduttore (arseniuro di indio), così piccoli che l’occhio umano non riesce a vederli, ma occorre osservarli al microspopio elettronico. Questi fili sono dell’ordine dei nanometri di diametro e qualche micrometro di lunghezza (1 micrometro = prendete un millimetro e dividetelo per 1000!).
Kouwenhoven ha detto: “Questi nanofili sono sempre più usati come componenti indispensabili nel settore della nanoelettronica. I nanofili sono un’eccellente piattaforma per l’elaborazione quantistica dell’informazione, tra altre applicazioni.”