Il quadro politico lascia in questo momento poco spazio anche a questioni delicate e da tempo in lista d’attesa di essere finalmente affrontate seriamente.
Ma questa non è una buona ragione per non occuparsene specie –è il caso dell’ambiente- se si registrano importanti novità. Se il ministero dell’ambiente ma anche quello dei beni culturali dopo anni di latitanza e spesso di cattivi esempi battono finalmente un colpo non si può fare finta di niente. Le novità a partire dalle ultime decisioni del Consiglio dei ministri sui beni culturali per molti versi segnano un svolta non trascurabile per un ministero diventato negli ultimi anni un vero zimbello internazionale. Non meno importanti alcuni impegni assunti e in via d’attuazione del ministero dell’ambiente che in fatto di brutte figure aveva poco da invidiare a quello che fu di Bondi e soci.
L’aspetto politicamente e istituzionalmente più interessante e nuovo è che entrambi i ministeri rilanciano un loro ruolo in riferimento a molteplici nodi cruciali che vanno dal destino dei monumenti, alla cultura, al suolo, al paesaggio, ai parchi e alle aree protette. E lo fanno dopo anni di chiusura burocratica riaprendo un confronto con le regioni e gli enti locali. E a questo confronto coinvolgente soggetti fondamentali per qualsiasi riforma dello stato che non voglia limitarsi a riproporre ipotesi centralistiche già fallite specialmente in campo ambientale e culturale devono contribuire anche quei movimenti e associazioni che da tempo denunciano le inadempienze di uno stato capace solo di tagli di bilancio e anche di improvvisate abrogazioni istituzionali.
Basta affidarci alle cronache per avere conferma che oggi e non soltanto in campo ambientale vi è confusione su cosa si deve fare e con quali risorse, ma anche chi deve farlo. Chi deve farlo sulle coste, chi deve farlo in ‘area vasta’ e metropolitana, ma anche in aree protette che vengono sballottate tra ipotesi di accorpamento che non hanno senso se non quello di cervellotici e improbabili risparmi.
Ecco, la novità più interessante da non sottovalutare è che sia pure a fatica si è cominciato dopo tante amenità e scuse pretestuose a discutere nel merito di questi temi. Il ministro dell’ambiente in particolare sta mettendo a punto idee e appuntamenti, ad esempio, che consentiranno di discutere del ruolo dei parchi, di tutti i parchi nazionali e regionali ugualmente traballanti e con loro anche delle altre aree protette per farne finalmente un sistema e non uno sbrindellato coacervo di soggetti senza soldi e senza ruoli e compiti ben definiti anche in rapporto alle disposizioni e politiche comunitarie. Se ci si riuscirà non sarà poco. Ed è a questo che anche come Gruppo di San Rossore puntiamo e a cui stiamo lavorando.