LONDRA – Nell’esperimento delle due fenditure – da cui si evince la natura duale degli elettroni (onde e corpuscoli insieme) – è racchiuso il “mistero” della fisica quantistica. Così si esprimeva Richard Feynman nel terzo volume delle famose Lectures on Physics del 1965. Nel corso del tempo non sono mancate le evidenze sperimentali a conferma di questa peculiare caratteristica degli elettroni; nonostante ciò, fino ad oggi nessuno aveva realizzato fisicamente la versione dell’esperimento mentale proposta da Feynman.
Nell’articolo comparso il 14 marzo sulla rivista New Journal of Physics, intitolato “Controlled double-slit electron diffraction” troviamo un significativo passo avanti in questa direzione. Per la prima volta è stato possibile realizzare l’esperimento delle due fenditure con le varianti di Feynman: l’apertura e la chiusura “a comando” di entrambe le fenditure, e l’osservazione del comportamento di un singolo elettrone alla volta.
La versione completa dell’esperimento di Feynman prevede lo studio di tre casi: oggetti di taglia media (esemplificati dai proiettili nelle Lectures on Physics), onde (d’acqua) ed elettroni.
L’esperimento mentale. Vediamo i tre casi. (i) Prendiamo due schermi paralleli: il primo ha due fori sufficientemente grandi da permettere ai proiettili di passare, il secondo è il bersaglio colpito dai proiettili. Sparando un proiettile alla volta, in corrispondenza dei fori del primo schermo troveremo i proiettili incastrati nel secondo. Nulla di sorprendente. Il modello della distribuzione dei proiettili è discreto: essi arrivano esclusivamente in unità singole, e ogni misurazione ne registra un numero preciso. La probabilità di trovare un proiettile in ogni particolare posizione quando i fori 1 e 2 sono entrambi aperti è uguale alla somma delle probabilità di ciò che accade quando i fori 1 e 2 sono aperti separatamente. In altri termini, la probabilità che un proiettile passi per il foro 1 non risente del fatto che il foro 2 sia aperto o chiuso.
(ii) Proviamo ora a colpire il primo muro con un getto d’acqua: dalle due fenditure vedremo dipanarsi delle onde che interferiscono l’una con l’altra. Anche questo esperimento ha una parete con due fori, una superfìcie d’arresto (o spiaggia) che non riflette le onde che la colpiscono, e un rivelatore mobile che misura l’intensità del moto ondoso (in realtà misura l’altezza o ampiezza delle onde e ne eleva al quadrato tale numero per ottenerne l’intensità. Si tratta dell’esperimento delle due fenditure di Thomas Young applicato alle onde dell’acqua).
L’obiettivo dell’esperimento è quello di misurare il moto ondoso quando i fori 1 e 2 sono aperti separatamente e congiuntamente. A differenza dei proiettili, le onde possono avere qualunque grandezza e non sono discontinue, dato che la loro altezza può variare in modo regolare e continuo. Inoltre la figura prodotta dalla variazione d’intensità che si riscontra quando entrambi i fori sono aperti non è uguale alla somma delle figure che si formano quando ognuno dei due fori è aperto singolarmente. Le onde provenienti dalle due sorgenti sono in fase in certi luoghi e fuori fase in altri. Ciò significa che le onde interferiscono.
(iii) Nell terzo esperimento di Feynman dobbiamo munirci di un cannone elettronico che spara un fascio di elettroni contro una parete con due fori. Anche in questo caso, dall’altro lato della parete c’era una superfìcie d’arresto con un rivelatore elettronico. In modo analogo ai proiettili scopriamo un modello di distribuzione discontinuo poiché gli elettroni sembrano arrivare al rivelatore singolarmente e in modo completo. E in modo analogo alle onde, il modello di distribuzione degli elettroni quando entrambi i fori sono aperti non è uguale alla somma dei modelli di distribuzione ottenibili quando i due fori sono aperti in tempi alternati: qui il risultato è una classica figura d’interferenza. Gli elettroni mentre passano per entrambe le fenditure si comportano come onde, mentre quando attivano i rivelatori si comportano come particelle.
(iiia) Immaginiamo ora un cannone elettronico che spara un elettrone alla volta. Dapprima gli elettroni sembrano distribuirsi sulla superfìcie d’arresto in modo casuale. Al crescere del numero di elettroni accumulati nella seconda parete vediamo formarsi una figura d’interferenza. A quanto pare, ogni elettrone passa contemporaneamente attraverso le due fenditure, come un’onda, ma colpisce il rivelatore in un singolo punto, come una particella. Ogni elettrone interferisce solo con se stesso. Ecco il mistero di cui parla Feynman.
L’esperimento fisico e le nanotecnologie. Le principali difficoltà che si riscontrano nella realizzazione dei casi (iii) e (iiia) sono di ordine tecnologico. Solo negli ultimi anni, grazie alla diffusione delle nanotecnologie è stato possibile costruire dispositivi molto piccoli ed altamente sensibili senza i quali sarebbe impossibile osservare il comportamento di un singolo elettrone. I passi avanti in questa direzione sono stati possibili grazie alla manipolazione della materia a livello atomico e molecolare su una scala dimensionale inferiore al micrometro.
L’interferenza da doppia fenditura di un singolo elettrone è stata per la prima volta sperimentata nel 1974 grazie a tre scienziati italiani, Pier Giorgio Merli, Gian Franco Missiroli e Giulio Pozzi: pur essendo i primi ad utilizzare le nanostrutture, non riuscirono a soddisfare la seconda condizione di Feynman: l’automatismo nell’apertura/chiusura delle fenditure. Nemmeno il team di Akira Tonomura (ricercatore presso il Laboratorio di ricerche avanzate alla Hitachi Limited Japan) ha avuto successo in questo senso: nel 1989 ha eseguito un esperimento in cui era possibile vedere un elettrone alla volta grazie all’uso di un sottile filo carico capace di “dividere e riunire” le particelle.
Oggi, il team guidato da Roger Bach e Herman Batelaan ha realizzato entrambi i desiderata di Feynman: l’articolo comparso su New Journal of Physics ci mostra che sparando un fascio di elettroni contro una membrana rivestita di silicio è possibile creare una nanostruttura in cui entrambe le fenditure vengono meccanicamente aperte e chiuse.
Ancora una volta il genio di Feynman si rivela profetico. La famosa lezione del 1959, There’s Plenty of Room at the Bottom (C’è così tanto spazio là sotto) in cui ipotizzava per la prima volta il metodo scale-down per manipolare la materia fino a dimensioni piccolissime trova oggi le sue prime realizzazioni. Grazie alle nanotecnologie siamo sulla strada giusta per carpire il “segreto”, la chiave di comprensione del mondo dei quanti.