I ricercatori del Department of Energy’s Thomas Jefferson National Accelerator Facility (Jefferson Lab) hanno trovato una significativa evidenza sperimentale dell’esistenza di una carica debole nei protoni. L’articolo che è stato accettato per la pubblicazione dalla rivista Physical Review Letters promette novità anche nello studio di altre particelle, in particolare il neutrone, il quark up e il quark down. Ma è presto per cantare vittoria e sperare in una rettifica del Modello Standard: la ricerca, infatti, si basa sull’analisi di appena il 4 per cento dei dati a disposizione. Insomma, ci vorrà un altro anno solo per avere un’idea precisa del significato degli esperimenti condotti in questo settore.
Vediamo, nel frattempo, di comprendere cos’è l’interazione elettrodebole. Si tratta di una delle quattro interazioni fondamentali che governano il nostro Universo, insieme alla gravità, all’elettromagnetismo e all’interazione nucleare forte. Il Modello Standard suddivide in tre categorie il mondo delle particelle elementari: i leptoni soggetti all’interazione elettrodebole, gli adroni soggetti sia all’interazione forte ed elettrodebole, e i bosoni vettori che sono i messaggeri delle interazioni fondamentali (essi comprendono il fotone per l’elettromagnetismo, i bosoni W e Z per la forza debole, i gluoni per la forza forte ed il gravitone per la gravitazione (quest’ultimo non ancora osservato).
Mentre i leptoni sono considerati elementari, gli adroni hanno una struttura interna costituita da quark, e si dividono in: barioni (composti da tre quark) e mesoni composti da un quark e un anti quark. Anche se la forza elettrodebole agisce solo a livello subatomico, possiamo vedere quotidianamente i suoi effetti: gioca infatti un ruolo chiave nei processi di reazione nucleare che avvengono nelle stelle ed è responsabile di gran parte della radiazione naturale presente nell’Universo.
Ora, perché sono importanti i protoni? L’esperimento Q-debole è stato progettato da un gruppo internazionale di ricercatori ed è uno dei tentativi più innovativi di misurare la forza di trazione della forza debole del protone – in termini più semplici si tratta di capire l’origine di questa forza nei protoni. Inoltre, dal momento che essa è prevista dal Modello Standard, esperimenti come questo hanno una duplice valenza: non solo gettano luce sulla natura della particella in esame ma costituiscono sempre un’importante testimonianza sul Modello Standard tout court.
L’esperimento è stato condotto indirizzando un intenso fascio di elettroni in un contenitore di idrogeno liquido. Gli elettroni erano polarizzati longitudinalmente (con filatura o lungo opposto loro direzione di movimento) e le collisioni osservate, pur essendo state davvero rare, hanno permesso di deviare i protoni verso rilevatori di forze. I fisici sono riusciti a misurare la forza elettrodebole grazie alla violazione di un tipo di simmetria nota come parità: in termini tecnici, dove la violazione si verifica si ha un differente comportamento delle particelle con spin destrimano rispetto a quelle mancine. Mantenendo tutti gli altri parametri dell’esperimento, ma invertendo solo la direzione di polarizzazione del fascio di elettroni, gli scienziati possono utilizzare la differenza o asimmetria delle misure tra due direzioni di polarizzazione per isolare l’interazione debole.
La prima analisi dei dati sperimentali è in completo accordo con il Modello Standard. Se le ricerche confermeranno questa direzione, allora potremmo avere una rigorosaprova sperimentale del Modello stesso, capace di fornire vincoli teorici per le successive ricerche nell’ambito della fisica delle alte energie. “Le nostre future ricerche si concentreranno sulle implicazioni rispetto a una nuova fisica “, commenta Roger Carlini del Jefferson Lab e portavoce dell’esperimento.