Gaianews

Al Bosone il Nobel per la Fisica 2013

Scritto da Annalisa Arci il 08.10.2013

Il Nobel 2013 per la fisica va a François Englert e a Peter Higgs “per la scoperta teorica di un meccanismo che contribuisce alla nostra comprensione dell’origine della massa delle particelle subatomiche, e che di recente è stato confermato attraverso la scoperta della particella fondamentale previsto, dagli esperimenti ATLAS e CMS al CERN del Large Hadron Collider”, così recita il comunicato stampa che annuncia i vincitori del premio. 

“Il professor Higgs trascorrerà la giornata lontano da casa, in una località che non renderemo nota, e non rilascerà interviste”, ha spiegato alla vigilia Alan Walker, il suo stretto collaboratore dell’università di Edinburgo. Si presenterà al pubblico in una conferenza stampa non prima di venerdì. Per François Englert invece l’Università di Bruxelles aveva da giorni organizzato un ricevimento (incrociando nel frattempo le dita).

Englert e Higgs durante la conferenza per l’annuncio della scoperta del bosone. (Crediti: CERN).

E’ certamente una grande soddisfazione per Peter Higgs, visto che le sue intuizioni iniziali non ebbero molta fortuna. Il suo primo articolo, scritto nel luglio 1964, fu respinto dall’editore della rivista Physics Letters: quasi con disprezzo, l’editore aveva consigliato al giovane Higgs di inviare la ricerca a qualche rivista non specializzata come la Nuovo Cimento. Ma Higgs non si lasciò persuadere. Sicuro delle sue ricerche, inviò l’articolo alla rivale per eccellenza, l’americana Physical Review Letters. Ed ecco comparire sulla scena François Englert, che nello stesso periodo aveva pubblicato proprio su PRL un lavoro molto simile per idee e conclusioni.

Englert, insieme al collega Robert Brout, avevano anticipato di poco Higgs nel descrivere come mai le particelle elementari sono dotate di massa. Ma Higgs aveva nel frattempo aggiunto un paragrafo finale in cui completava il quadro teorico teorizzando l’esistenza di una nuova particella: il bosone di Higgs. “Poiché avevo scritto uno studio molto importante, secondo la gente avrei dovuto capire anche quel che è stato scoperto in seguito. Ma non è così. Quando si è trattato di comprendere gli studi di quelli venuti dopo di me, ho iniziato ad affondare”, ha commentato tempo fa Peter Higgs, che da allora (forse anche per la delusione personale di vedersi quasi soffiata sul tempo la scoperta) si è dedicato prevalentemente alla docenza presso l’Università di Edinburgo.

Ma la storia ci ha abituati ad episodi simili– in modo più aggressivo e forse scorretto con il calcolo differenziale conteso tra Newton e Leibniz e poi con la teoria dell’evoluzione per selezione naturale che consacrò alla storia Darwin, oscurando ingiustamente Wallace (che era giunto alle stesse conclusioni). Tuttavia, il caso del bosone è un po’ diverso per quello che accadde dopo la sua teorizzazione. Il 4 luglio 2012, grazie al più grande acceleratore della storia, il Large Hadron Collider, l’esistenza del bosone, o di una particella che svolge la funzione di conferire la massa, è stata finalmente confermata. Il clamore mediatico ci ha reso familiari termini come bosone di Higgscampo di Higgs e Modello Standard. Ricordiamo brevemente di cosa si tratta, giusto per capire l’importanza di queste ricerche. 

Il Modello standard suddivide in tre categorie il mondo delle particelle: i leptoni soggetti solo all’interazione elettrodebole, gli adroni soggetti sia all’interazione forte che a quella elettrodebole, i bosoni vettori che sono i messaggeri delle interazioni fondamentali. Mentre i leptoni sono considerati elementari, gli adroni hanno una struttura interna costituita da quark, e si dividono in: barioni (composti da tre quark) e mesoni composti da un quark e un anti quark. I quark (che, come i leptoni, sono privi di struttura e, dunque, puntiformi) hanno masse così diverse che sorge quasi spontanea la domanda: da dove ricavano la loro massa? 

La forza elettromagnetica, l’interazione debole e l’interazione  forte sono descritte dal Modello Standard, che si fonda su un principio di invarianza: la simmetria di gauge. C’è però un problema: la simmetria di gauge del Modello Standard è apparentemente incompatibile con qualunque massa. Essa stabilisce che sia le particelle che mediano la forza debole, i bosoni W e Z, sia le particelle elementari di materia (quark e leptoni) abbiano massa nulla. Senza troppi dettagli tecnici, basti dire che il ruolo del bosone di Higgs è quello di  riconciliare questi aspetti apparentemente contraddittori.

Il bosone di Higgs è figlio del meccanismo omonimo e del più generale fenomeno chiamato rottura spontanea della simmetria. La simmetria in questione è quella che regola le interazioni mediate da campi di gauge, ossia le interazioni elettromagnetiche e deboli. Le interazioni deboli sono dunque mediate da particelle pesanti che hanno una massa con valore diverso da zero. Di conseguenza, il campo di Higgs compensa la carenza di simmetria rendendo possibile l’esistenza di massa anche per le particelle che risentono della forza debole.

Questa idea è stata pienamente confermata dalla scoperta del bosone di Higgs: i dati sperimentali mostrano che la massa del bosone di Higgs è circa 125 GeV, cioè quanto un intero nucleo di cesio. Il dato esprime esattamente il minimo valore necessario per evitare che il nostro universo termini la sua esistenza collassando in un enorme grumo massiccio. Più precisamente, il meccanismo di Higgs prevede l’esistenza di un campo che pervade il vuoto, fornendo massa sia ai bosoni W e Z sia alle particelle di materia (le eccitazioni quantistiche di questo campo rappresentano proprio il bosone).

Le evidenze dell’esistenza del bosone avranno significative conseguenze per le ricerche future e aiuteranno a liberarci da errori e pregiudizi: il primo che mi viene in mente è l’appellativo “particella di dio”. Nel caso si voglia tirare in ballo dio, semmai dovremmo parlare di “particella-dio”, visto che conferisce massa a tutte le altre. Finezze a parte, ora non ci resta che attendere la reazione dei vincitori. 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA