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Acqua all’arsenico: i cittadini costretti a pagare bollette per l’acqua non potabile

Scritto da Micaela Conterio il 12.03.2014

Sono in rivolta i cittadini laziali costretti a pagare la bolletta per l’acqua all’arsenico non potabile. Attraverso un comunicato il Movimento Difesa del Cittadino ha reso nota la propria protesta denunciando le gravissime inadempienze amministrative.

Dai rubinetti di Roma Nord esce acqua corretta all’arsenico. E questo è un fatto ormai tristemente noto.Le analisi sull’acqua sono state effettuate dall’Asl Roma C ed evidenziano “acqua con caratteristiche chimiche e batteriologiche ovvero solo batteriologiche non adatte al consumo umano a causa del superamento dei valori di parametro prescritti”. È scattato, pertanto, in base all’ordinanza n.36 del 21 febbraio 2014 fino a tutto dicembre, il divieto di bere acqua dei rubinetti e di utilizzarla per igiene personale per alcuni abitanti dei municipi XIV e XV di Roma Nord, perché contenente agenti chimici pericolosi.

Acqua di rubinetto

Gli acquedotti che trasportano acqua batteriologicamente e chimicamente compromessa dall’arsenico sono vecchi acquedotti rurali dell’Agenzia per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura della Regione Lazio: Malborghetto, Camuccini, Piansaccoccia, Monte Oliviero, Santa Maria di Galeria, Brandosa e Casaccia-Santa Brigida. Sarebbero circa 500 gli utenti coinvolti, numero decisamente ridotto rispetto al milione di abitanti a rischio di tumore per il consumo di acque all’arsenico emerso da un’indagine epidemiologica di qualche anno fa.

Questi abitanti, però, oltre ai disagi e ai danni subìti, non solo non hanno ricevuto una lettera di scuse, ma si sono trovati nelle cassette della posta le bollette da pagare. Ancora più singolare è che da circa due anni le bollette, stando alle note dell’agenzia regionale Arsial per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura, riportino la dicitura “acqua non potabile”.

Silvia Biasotto del Dipartimento Sicurezza alimentare e l’avvocato Francesca Giglio della sede Roma Nord del Movimento Difesa del Cittadino si sono fatte portavoce di una serie di istanze, tra cui l’annullamento delle bollette per i cittadini del Lazio coinvolti nella storia infinita di contaminazione dell’acqua pubblica.
Sono numerose, infatti, anche le richieste di chiarimenti: “Che significa che il provvedimento di divieto di utilizzo dell’acqua sia stato adottato in base a un principio di prevenzione? E perché si fa sapere che da due anni sulle bollette delle proprie utenze è riportata la dicitura ‘acqua non potabile’? Di quanto sono stati superati i limiti di legge?”.

Queste domande, secondo i richiedenti, dovrebbero trovare una risposta al più presto. Il Movimento Difesa del Cittadino, infatti, rende nota la necessità di trasparenza e di una adeguata garanzia e tutela della salute per i cittadini di Roma: “Occorre controllare in modo chiaro e tempestivo i livelli di superamento dei limiti di arsenico nell’acqua previsti dalla legge e darne immediata comunicazione agli utenti. E’ necessario anche individuare le eventuali responsabilità e gli obblighi specifici in merito dell’amministrazione capitolina che è tenuta a comunicare, previa idonea valutazione, il rischio per la salute dei cittadini di Roma”.
Inoltre le richieste riguardano la costante informazione dei cittadini e il monitoraggio dei parametri qualitativi dell’acqua in bolletta anche sul sito web del Comune di Roma.
Per il momento il Comune è sotto accusato per il ritardo nella comunicazione delle informazioni e il procuratore aggiunto Roberto Cucchiari è stato incaricato di coordinare gli accertamenti per individuare le responsabilità.
“È molto grave che lo Stato, in tutte le sue ramificazioni , non abbia acceso un “warming” sulla salute della cittadinanza”. E’ il duro commento del presidente dell’ Ordine dei Geologi del Lazio, Roberto Troncarelli contenuto in una nota. “Purtroppo i valori di arsenico riscontrati a Roma Nord non ci sorprendono. Molti acquedotti della zona incriminata presentano anche problematiche legate alla presenza di radon. C’è poco da fare: siamo di fronte all’ennesimo esempio di cattiva amministrazione. Quanto accaduto è solo la punta dell iceberg di una situazione critica, che denunciamo da anni. Quello dell’ arsenico infatti è un problema con cui ci si confronta da decenni eppure gli amministratori pubblici hanno sempre mostrato la deprimente tendenza a sottovalutare le questioni ambientali. Tendenza che assume connotazioni pericolose quando, come in questo caso, investe aspetti afferenti la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini”.

Nel Lazio, spiega il comunicato dell’associazione, sono presenti numerose aree con concentrazioni di arsenico superiori a 10 microgrammi/litro, valore massimo che devono avere le acque per poter essere destinate al consumo umano. Tali concentrazioni sono peculiari delle aree dei distretti vulcanici del Lazio centro-settentrionale, Sabatino, Vulsino, Vicano, Cimino e Colli Albani.
“Questi valori – sottolinea Troncarelli – non sono in aumento rispetto al passato poiché non dipendono dalle attività umane, ma dalla naturale ‘contaminazione’ che subiscono le acque attraversando i terreni vulcanici. Ma sono valori che hanno classificato tali acque ‘fuorilegge’, in quanto le soglie di accettabilità, definite da alcune direttive europee, attualmente attestato a 10 microgrammi/litro, sono abbondantemente superate dai valori delle acque prodotte da acquiferi vulcanici”.

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