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Greenpeace: piccolo mostri nell’armadio minacciano i bambini

Scritto da Micaela Conterio il 15.01.2014

In ogni favola che si rispetti c’è sempre un lupo cattivo, rappresentazione simbolica di un pericolo da cui tenersi lontano. Questo cattivo questa volta si nasconde proprio nell’armadio dei nostri bambini, appeso ad una stampella o riposto in un cassetto. Si chiamano PFOA (acido perfluorottanico), ftalati, antimonio e nonilfenoli etossilati le sostanze chimiche rinvenute in vestiti e calzature per bambini, “interferenti endocrini, che, una volta rilasciate nell’ambiente, possono avere potenzialmente effetti dannosi sul sistema riproduttivo, ormonale o immunitario”. È quanto rende noto l’ultimo rapporto di Greenpeace Asia dal titolo “Piccoli mostri nell’armadio”: , realizzato nell’ambito della campagna “DeTox” di Greenpeace.

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I test sono stati effettuati su 82 capi d’abbigliamento e calzature di 12 grandi marchi (Adidas, American Apparel, Burberry, C & A, Disney, GAP, H &M, LI-Ning, Nike, Primark, Puma, Uni-qlo), prodotti tra maggio e giugno scorso, acquistati in 25 Paesi del mondo e prodotti in 12 Paesi.

Nonostante i capi fossero destinati a una fascia decisamente più vulnerabile all’inquinamento, neonati e bambini, la concentrazione di sostanze dannose non hanno presentato sostanziali differenze rispetto ai capi destinati agli adulti, precedente analizzati dall’associazione.

Secondo il rapporto, i nonilfenoli etossilati (NPEs) sono stati trovati in 50 prodotti su 82 (il 61% del totale testato) appartenenti a C&A, Disney e American Apparel, ma anche Burberry, provenienti da 10 Paesi di produzione su 12. Gli ftalati sono stati rilevati in 33 campioni dei 35 che presentavano stampe al plastisol, mentre i composti organo-stannici (composti organici dello stagno) in 3 articoli con stampe al plastisol (sui 21 testati) e in 3 calzature su 5, appartenenti a Puma e Adidas. I composti perfluorurati sono stati rinvenuti in ciascuno dei 15 articoli testati, appartenenti ad Adidas, Nike, Uniqlo e Burberry.

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L’antimonio è stato ritrovato in tutti e 36 gli articoli testati, prodotti contenenti tessuti di poliestere al 100% oppure di poliestere e altre fibre.

“Un vero incubo per i genitori che desiderino comprare vestiti che non contengano sostanze chimiche pericolose” afferma Chiara Campione, responsabile del progetto The Fashion Duel di Greenpeace Italia. “Questi piccoli mostri chimici li troviamo ovunque, dai vestiti di lusso a quelli più economici, e stanno contaminando i nostri fiumi da Roma a Pechino. Le alternative per fortuna ci sono e per questo l’industria dovrebbe smettere di usare i piccoli mostri, per il bene dei nostri bambini e delle future generazioni”. 

Le imprese, quindi, secondo Greenpeace, dovrebbero prendere atto dell’urgenza di un
cambiamento impegnandosi nell’eliminazione di tali sostanze entro il  1 gennaio 2020: sono in i 18 marchi (Benetton, C&A, Canepa, Coop Svizzera, Esprit,G-Star Raw, H&M, Inditex, Levi’s, Limited Brands, Mango, Marks & Spencer, Puma, Fast Retailing, Valentino, Adidas, Li-Ning, Nike ) che hanno sottoscritto l’impegno Detox:.dal lancio della sua campagna nel luglio 2011. Chiara Campione, infatti continua: “Grazie alla pressione dei genitori e dei consumatori in tutto il mondo, alcuni dei maggiori marchi hanno già aderito all’impegno Detox che abbiamo proposto loro, e molti di loro hanno già iniziato un percorso orientato alla trasparenza e all’eliminazione delle sostanze tossiche dalla loro filiera, ma non basta”.

Ciò che le sue parole sottintendono è che risulta veramente indispensabile un impegno politico da parte del governo cinese, maggior produttore al mondo di tessile, di arrivare all’obiettivo “Scarichi Zero” di sostanze chimiche pericolose nell’arco di una generazione, attraverso l’impiego di un approccio preventivo che eviti la produzione e l’uso di sostanze pericolose.

In pratica il governo dovrebbe rendere nota una lista di sostanze da bandire e un registro dei dati sulle emissioni e le perdite vincolando le imprese a rendendo pubbliche le informazioni sulle sostanze impiegate, per facilitare un processo di trasparenza e pulizia  dell’intera filiera.

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