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Nucleare: Europa 200 volte più a rischio di quanto creduto finora

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 23.05.2012

L’Europa occidentale ha il più alto rischio a livello mondiale di contaminazione radioattiva causata da incidenti a reattori.

Elicotteri abbandonati a Chernobyl

Uno studio ha calcolato che è molto più probabile di quanto si credeva che incidenti nucleari catastrofici come quelli di Fukushima e Chenobyl accadano in Europa occidentale. La ricerca, condotta dagli scienziati del Max Planck Institute ha calcolato che, tenendo presenti il numero di reattori e il numero di fusioni che sono accadute, eventi catastrofici possono verificarsi ogni 10-20 anni, circa 200 volte in più che nel passato.
Secondo gli scienziati, in caso di incidente grave, attualmente il cesio137 radioattivo si spanderebbe su una superficie di oltre 1000 km attorno al reattore. Sempre secondo i risultati l’Europa rischia di essere contaminata una volta ogni 50 anni di oltre 40 kilobecquerel di cesio-137 per metro quadrato, valore segnalato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica come  limite per considerare una zona contaminata. Per questo gli scienziati chiedono che venga rivista la valutazione dei rischi connessi con l’energia nucleare.

Dopo l’incidente di Fukushima la Germania ha rinunciato al proprio programma sul nucleare e sta stabilendo proprio in questi giorni il nuovo mix di energia per il fabbisogno del suo paese. Jos Lelieveld, direttore del Max Planck per la Chimica a Magonza, ha spiegato: “Dopo Fukushima, la prospettiva che un tale evento si verifichi di nuovo è entrata in questione, ed è in questione  se possiamo effettivamente calcolare la dispersione radioattiva utilizzando i nostri modelli atmosferici”. Secondo i risultati dello studio è probabile che si verifichi una fusione nucleare in uno dei reattori in funzione in tutto il mondo una volta ogni 10-20 anni. Attualmente, ci sono 440 reattori nucleari in funzione ed è previsto che ne entrino in funzione altri 60.

Un incidente nucleare non conosce le cartine geografiche

Per determinare la probabilità di una fusione nucleare, i ricercatori hanno applicato un semplice calcolo. Hanno diviso le ore di funzionamento di tutti i reattori nucleari civili nel mondo, dalla messa in servizio del primo giorno fino ad oggi, per il numero di fusioni di reattori che si sono effettivamente verificati. Il numero totale di ore di lavoro consistono in 14.500 anni e il numero delle fusioni nei reattori arriva a quattro – uno a Chernobyl e tre a Fukushima. Questo si traduce in un incidente grave, in fase di definizione secondo la scala internazionale degli eventi nucleari (INES), ogni 3.625 anni. Anche se questo risultato viene prudenzialmente arrotondato ad un grave incidente ogni 5.000 anni, il rischio è 200 volte superiore alla stima formulata dalla Commissione di regolamentazione nucleare degli Stati Uniti nel 1990. I ricercatori non hanno distinto fra epoche di costruzione dei reattori e pericolosità della zona in cui si trovano, ad esempio le zone sismiche. Dopo tutto, nessuno aveva previsto la catastrofe del reattore in Giappone.

Poi i ricercatori si sono occupati di come le radiazioni potrebbero disperdersi attraverso un modello al computer che descrive l’atmosfera terrestre.Il modello tiene conto dei flussi atmosferici, ma anche delle reazioni chimiche. Per approssimare la contaminazione radioattiva, i ricercatori hanno calcolato come le particelle di cesio radioattivo-137 (137Cs) si disperdono nell’atmosfera, dove si depositano sulla superficie della terra e in quali quantità. L’isotopo 137Cs è un prodotto della fissione nucleare dell’uranio. Ha un tempo di dimezzamento di 30 anni ed è stato uno degli elementi chiave della contaminazione radioattiva dopo le catastrofi di Chernobyl e di Fukushima.

Le simulazioni al computer hanno rivelato che, in media, solo l’otto per cento delle particelle 137Cs si depositano all’interno di un’area di 50 chilometri attorno al luogo dell’incidente nucleare. Circa il 50 per cento delle particelle si depositerebbero fuori di un raggio di 1.000 chilometri, e circa il 25 per cento si diffonderebbe anche oltre 2.000 chilometri. Questi risultati sottolineano che gli incidenti del reattore possono causare la contaminazione radioattiva ben oltre i confini nazionali.

Incrociando i dati di dispersione delle radiazioni con quelli sulla probabilità di fusione, il team di Magonza ha scoperto che in Europa occidentale, dove la densità dei reattori è particolarmente elevata, la contaminazione da più di 40 kilobecquerel per metro quadrato dovrebbe avvenire circa una volta ogni 50 anni. Sembra che i cittadini della parte sud-occidentale densamente popolata della Germania corrano il rischio più alto a livello mondiale di contaminazione radioattiva, associata alle numerose centrali nucleari situate vicino ai confini tra Francia, Belgio e Germania, e alla direzione dominante del vento da ovest.

Se si verificasse una fusione in Europa occidentale circa 28 milioni di persone ne sarebbero interessate. Questa cifra è ancora più alta in Asia meridionale, a causa delle dense popolazioni.

“L’uscita della Germania dal programma di energia nucleare ridurrà il rischio di contaminazione radioattiva nazionale. Tuttavia, una riduzione ancora più forte risulterebbe se i paese vicini alla Germania facessero la stessa cosa”, spiega Jos Lelieveld. “Non solo abbiamo bisogno di un’analisi approfondita e pubblica dei rischi reali degli incidenti nucleari. Alla luce delle nostre scoperte credo che dovrebbe essere considerata una graduale eliminazione dell’energia nucleare, internazionale e coordinata”, aggiunge il chimico atmosferico.

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