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Il referendum e il titolo V

Scritto da Renzo Moschini il 03.05.2016

Visto che fervono i preparativi del referendum d’autunno con la costituzione dei comitati del Si e del NO è bene tornare sul titolo V su cui le polemiche si sono infittite con toni anche sconcertanti. Su l’Unità siamo giunti agli sfottò dei vecchietti costituzionalisti capaci di dire solo NO.

Le riserve e i dubbi sul Titolo V non implicano un NO su tutto il pacchetto delle riforme ma se si intende tirar dritto infischiandosene   poi servirà a poco incavolarsi per i dissensi.

Che il titolo V sottragga competenze alle regioni lo hanno detto e lo ripetono Renzi come la Boschi. La Boschi aggiunge però che ‘la centralizzazione  di alcuni poteri prima delle Regioni ..favorirà la competitività del sistema paese e gli investimenti dall’estero’. Si è detto anche che ne accrescerà la compartecipazione. Come per le trivelle dove persino  per un solo punto irrisolto si è rifiutato un tavolo?

Come hanno documentato  costituzionalisti ancora non da pensione, lo Stato ha più potere rispetto anche alla potestà  concorrente. La sussidiarietà è intesa a contrario più di prima rispetto anche al 2001.

Quasi escluso l’ordinamento degli enti locali, delle norme ambiente, beni culturali e paesaggistici, ridimensionato il governo del territorio, turismo, attività culturali in barba all’art. 5 della Costituzione. (La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali…). E il tutto senza mettere bocca nell’ordinamento delle Regioni Speciali. Ne consegue una decostituzionalizzazione e sostanziale regionalizzazione degli Enti autonomi intermedi.  Alessandro Sterpa su l’Unità si chiede dov’è lo scandalo visto che la Corte Costituzionale ha già accentrato  quello che la riforma costituzionale riporta in capo allo stato’. Lo scandalo è che ci si è avvalsi anche della Corte Costituzionale per fregare le regioni.

A questo punto forse non è inutile ricordare che il vecchio Titolo V muoveva proprio per i settori e gli ambiti che ritornano in collo alo Stato dalla esigenza di stabilire tra stato, regioni ed enti locali quella ‘leale collaborazione’ senza la quale ambiti pur dotati di ottime leggi come l’ambiente non riuscivano a metterle a frutto. Sappiamo che non ha funzionato ma l’esigenza di quel raccordo oggi non è minore di ieri. E se le regioni hanno un bel po’ di colpe non è che lo stato con i Bertolaso e i Bisignani di turno abbia fatto meglio. Ecco perché il Titolo V non può essere condiviso se non seguiranno modifiche serie;  il che implica che le Regioni ed anche le autonomie si facciano valere.

Renzo Moschini

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