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Il Titolo V e il referendum

Scritto da Renzo Moschini il 26.04.2016

Il referendum sulle trivelle tra le altre cose ha confermato anche se si è cercato di far finta  di nulla che il rapporto stato-regioni è tutt’altro che risolto dal nuovo titolo V.

E siccome il prossimo referendum lo riproporrà a tutti gli effetti sarà bene riparlarne senza trucchi e senza inganni.

Che i poteri delle regioni siano stati ridimensionati non è un sospetto o una supposizione perché Renzi e la Boschi lo considerano un merito non secondario della legge. Stefano Ceccanti ritiene però che la composizione autonomistica del Senato ‘bilancia la perdita di competenze legislative’ delle regioni.

La vicenda delle trivelle ha però dimostrato che il governo quindi lo Stato ha rifiutato persino un tavolo per discutere il solo punto dei sei originari rimasti aperti costringendo 9 regioni a ricorrere al referendum. Emiliano è stato accusato addirittura di voler tutelare il mare delle Puglia quando  in base al nuovo Titolo V questo compete ormai allo Stato.

Non poteva insomma  esserci conferma più clamorosa che la ‘ricentralizzazione’ prevista dal titolo V ‘taglia le ali alle Regioni, capovolgendo l’assetto autonomistico della riforma del Titolo V nel 2001’. Eppure ‘lo statalismo ha già fatto danni nel Paese’ come ricorda Valerio Onida ex presidente della Corte Costituzionale. D’altronde è noto che anche nel Pd non sono pochi quelli che hanno già manifestato il proposito di non dire SI a questo aspetto della riforma. E non certo perché sono contrari a tutti i cambiamenti previsti dalla legge come le Serracchiani di turno continuano a ripetere. Ed è per questo che ribadire cocciutamente che o si mangia questa ministra o si salta dalla finestra  non è né ragionevole né  responsabile. E qui chi sbaglia paga e rifarsela poi con i gufi servirà a ben poco.

Di qui ad ottobre c’è tempo e modo per discutere di questo  senza fare la faccia feroce che ormai non impressiona più nessuno.

Renzo Moschini

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