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Al CERN dati e particelle alla velocità della luce

L'equatore terrestre è più corto dei cavi di rete del CERN che trasferiscono i dati dell'LHC in 12 centri nel mondo

Scritto da Annalisa Arci il 02.06.2014

La rete ci connette in modo impercettibile. Nel senso che siamo ormai avvezzi ad avere qualunque informazione alla portata di un click, e di rado ci fermiamo a riflettere sulla quantità di dati che viaggia ogni istante da un capo all’altro del pianeta. Quando poi si passa dal comune computer di casa alla rete del CERN, parlare di trasmissione, ricezione e stoccaggio dei dati diventa molto più complesso.

Se pensate che “durante gli esperimenti con LHC viene generata un’enorme quantità di dati, che vengono raccolti e trasferiti non solo al data center del CERN, ma anche in altri 12 centri nei diversi continenti, tra cui il Cnaf-INFN di Bologna”, e che l’equatore terrestre è più corto dei cavi di rete del CERN, allora l’iniziativa FFW—Fast Forward di Motherboard è uno spunto interessante per affrontare alcuni argomenti. Parliamo di fasci di particelle e di flussi di dati.

CERN

Rappresentazione grafica di una collisione tra particelle. (Credit: CERN)

Soprattutto grazie al clamore che ha accompagnato la conferma del bosone di Higgs, tutti abbiamo più o meno compreso cos’è il Large Hadron Collider. LHC è un acceleratore e collisore di particelle (protoni e ioni più pesanti). In parole povere, è un potente attoscopio capace di evidenziare dettagli nell’ordine della lunghezza d’onda associata alle particelle accelerate: per i teraelettronvolt (TeV), la lunghezza d’onda delle particelle accelerate è pari a un miliardesimo di nanometro (10-18 m), ossia un attometro. È anche una macchina del tempo: le condizioni che si possono creare mediante le collisioni sono speculari a quelle che caratterizzavano gli istanti iniziali dell’Universo subito dopo il Big Bang. Anche in questo caso la capacità di spingersi indietro nel tempo dipende dall’energia delle particelle: per energie di 1 TeV, ad esempio, ci porta ad esplorare scale temporali di circa 1 picosecondo (10-12 secondi) dopo il Big Bang.

Bene, direte: ma come ce li mettiamo dentro i protoni e come li facciamo viaggiare nel circuito del LHC? Come facciamo a far collidere fasci di particelle? Una sorgente da cui estrarli è costituita dagli atomi. Anche se i nuclei degli atomi sono composti da protoni, neutroni ed elettroni, la scelta non ricade su un atomo qualsiasi, ma sull’atomo di idrogeno per la sua semplicità. Si procede prendendo gli atomi di idrogeno (che sono elettricamente neutri) e gli si strappa l’elettrone che orbita intorno al protone ad esempio mettendo dell’idrogeno gassoso in un cilindro metallico a cui viene applicato un forte campo elettrico. Successivamente si estrapolano i protoni nudi per infilarli nella catena di accelerazione (per i dettagli dinamici e strutturali rinvio a Come funziona LHC? di Marco Delmastro).

Ora, i protoni entrano nel Large Hadron Collider in pacchetti o bunch, proprio come se fossero mucchi di sabbia, e circolando in direzioni opposte danno luogo a collisioni ripetute. Il momento della collisione è simile all’incontro di due manciate di sabbia lanciate l’una contro l’altra. Esiste una certa probabilità che almeno un granello di un manciata tocchi uno di quella dell’altra manciata, ma la maggior parte dei granelli passerà indisturbata a fianco dell’altro gruppo. Esattamente per questa ragione i bunch di protoni possono circolare anche per ore all’interno del LHC: ad ogni incontro con un bunch dell’altra linea di fascio qualche protone colliderà, ma la maggior parte proseguirà per un altro giro, sperando di essere più fortunata al turno successivo (ovviamente si fanno viaggiare almeno due bunch per fascio. Più sono più le probabilità di ottenere collisioni utili aumentano).

Visto che tutto questo correre e collidere è un lavorio continuo che sta alle spalle di scoperte come quella del bosone e, ovviamente, genera fiumi di dati, diventa importante capire cosa si fa al Data Center del CERN. A questo proposito, la redazione di Motherboard ha intervistato Alberto Pace Lucia Morganti del Cnaf-INAF.

A questo link trovate il video

 E non è un caso che proprio al CERN nel 1989 si sono poste le basi per la creazione del word wide web: mi piace pensare che se non avessimo cominciato a pensare di giocare con mucchi di sabbia, oggi non avremmo neppure questo www.

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