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The Importance of Being Higgsless

Se cerchiamo di capire, almeno un po', come è fatto il mondo seguendo la via maestra della fisica sperimentale, prima o poi ci imbattiamo nelle teorie o modelli Higgsless, nell’importanza di chiamarsi Higgsless, letteralmente “senza Higgs”. Cosa vuol dire?

Scritto da Annalisa Arci il 14.04.2014

Oggi festeggiamo il mio duecentesimo articolo per Gaianews.it con un argomento che mi appassiona molto e che spero possa solleticare anche le vostre menti. Se avete figli o nipoti avrete certamente vissuto l’era dei che cosa e dei perché: di cosa è fatta la sedia? Come e perché? Perché l’erba è verde? Perché la notte fa buio? E la luce dove va? Bene, di cosa è fatto il mondo? 

Fisici e filosofi si chiedono da sempre le stesse cose. Crescendo, le domande assumono sfumature diverse, vengono più o meno riempite dai nostri percorsi culturali e conoscitivi, fino a quando ciascuno di noi prova a rispondersi come più gli piace: scartando le opzioni più fantasiose, c’è chi si affida a Dio, chi semplicemente smette di porsi quelle domande, chi crede che il tutto sia riducibile ad una questione filosofica, chi invece si affida al metodo sperimentale della fisica e … mille altre cose.

(Credit: www.pd.infn.it).

Se cerchiamo di capire, almeno un po’, come è fatto il mondo seguendo la via maestra della fisica sperimentale, prima o poi ci imbattiamo nelle teorie o modelli Higgsless, nell’importanza di chiamarsi Higgsless, letteralmente “senza Higgs”. Cosa vuol dire?

Un modello Higgsless è un modello di spiegazione della realtà che non richiede il bosone di Higgs per avere consistenza teorica e/o fenomenologica. In termini tecnici questo vuol dire che qui i campi di Higgs non sono campi fondamentali e, quindi, non hanno una natura dinamica, ossia non spiegano la rottura della simmetria elettrodebole per la generazione della massa delle particelle (né spiegano l’unitarietà ad alte energie dello scattering elastico W W), tutte cose che il Modello Standard (MS) attribuisce proprio all’Higgs. Ma se il MS ha ricevuto una grande conferma con la scoperta del bosone di Higgs, allora che ce ne facciamo degli Higgsless? Vanno intesi come modelli alternativi? No.

1- Il Modello Standard descrive i componenti primi della materia e le loro interazioni. Per i palati più fini, posso anche ricordare che MS non è altro che il modello GSW (Glashow-Salam-Weinberg), unito al meccanismo di rottura della simmetria elettrodebole ipotizzato da Higgs, una spiegazione teorica del motivo per cui i bosoni W e Z hanno grande massa mentre il povero fotone resta a massa nulla. Non a caso la teoria ipotizza l’esistenza della particella di Higgs: la sua aggiunta al modello elettrodebole fa sì che lo stato di minima energia – quello che potremmo indicare con il termine vuoto – non sia uno ma molti, infiniti possibili ma non attualmente possibili. La conferma dell’esistenza del bosone di Higgs significa anche questo: il nostro universo ha un unico stato di minima energia o vuoto, uno stato inscritto nella sua stessa natura. Esattamente come una biglia non può fare a meno di rotolare giù per un pendio, l’universo ha quel determinato stato di minima energia – dove con quel determinato si indica uno stato descrivibile nei termini della simmetria elettrodebole e del processo con cui il bosone di Higgs dà massa ai bosoni W e Z.

Ma nonostante tutti questi paroloni, il MS è tutt’altro che completo ed esaustivo. Anche se con tre famiglie di quarks e tre famiglie di leptoni alla fine si ottengono tutti i costituenti della materia, non è in grado di spiegare tutto ciò che sappiamo sulle particelle quantistiche. Ecco i buchi teorici principali:

(i) ci sono ben 25 parametri liberi di cui non è data spiegazione, come le masse di quarks e leptoni, la forza degli accoppiamenti, etc.;

(ii) non spiega l’interazione gravitazionale;

(iii) non spiega l’asimmetria fra materia e antimateria nell’universo;

(iv) non spiega la materia/energia oscura;

(v) non spiega perché le forze nucleari sono molto più intense rispetto a quelle gravitazionali;

(vi) non spiega perché i neutrini hanno massa (al Fermilab sono attivi tre esperimenti: MinosNOvAMINERvA);

(vii) non spiega come mai non si osservano violazioni della simmetria CP nelle interazioni forti;

(viii) soffre infine di problemi di autoconsistenza.

I conti non tornano soprattutto perché non è chiaro per quale motivo le particelle hanno le masse che hanno (semplificando moltissimo è possibile enunciare in questo modo il noto problema della gerarchia che tanto appassiona i fisici). Più in dettaglio, perché il bosone di Higgs è molto più leggero rispetto alla massa di Planck? Dalla teoria ci si aspetterebbe una massa decisamente diversa per una particella con questo ruolo.

2 – Per colmare questi buchi teorici sono state ideate molte estensioni del MS. Benché all’inizio molte di queste teorie furono ideate come alternative al MS, oggi sono intese come complementi, come territori in gran parte inesplorati che forse potranno aiutarci a tappare i buchi del MS. Non a caso ricadono tutte nella grande famiglia delle GUT (Grand Unification Theory), di quelle teorie che cercano di unificare la cromodinamica quantistica (QCD, Quantum ChromoDynamics) con le interazioni elettrodeboli e la gravità (superstringhe, leptoquarks, preoni, large extra dimensions, etc.). Tra queste, dopo le Supersimmetrie (o SUSY) quelle più interessanti sono le teorie technicolor.

Per i sostenitori del modello a technicolor il bosone di Higgs non deve essere considerato una particella elementare, quanto piuttosto un condensato di un nuovo tipo di quark, fino ad ora mai osservato, e tenuto assieme da un nuovo tipo di interazione. Lee Smolin nel suo L’universo senza stringhe spiega bene questo punto: dal momento che questa soluzione sembrò in un primo momento puramente una “toppa tecnica” al problema, questi quark vennero chiamati techniquark (mentre il “color” di technicolor è proprio un riferimento al “colore” della forza nucleare forte che lega i quark in protoni e neutroni). Teorie di questo tipo hanno ormai qualche decennio di vita, ma non sono destinate a morte certa, soprattutto dopo la scoperta dell’Higgs (contrariamente alle previsioni, ad esempio, di questo articolo su Nature). Ad oggi nessun acceleratore di particelle ha mai rilevato i techniquark. 

Spero che i più curiosi tra voi che, magari, masticano un po’ di fisica o di filosofia della fisica possano avvertire che la bellezza delle teorie incomplete come le Higgsless consiste proprio nella loro versatilità e nel fatto che, alla fine, di per sé restano logicamente plausibili (per lo meno sul piano teorico). Ipotizzare che il bosone di Higgs sia costituito da particelle più “piccole”, fino ad oggi mai osservate come i techniquark non è affatto in contraddizione con il MS. Secondo le teorie technicolor, i techniquark sarebbero particelle elementari che andrebbero ad aggiungersi a quelle già previste da questo modello (quark, leptoni e bosoni di gauge). Al punto che oggi i sostenitori dell’esistenza dei techniquark sono sempre più convinti delle capacità gnoseologiche insite in queste spiegazioni. Tra loro c’è Thomas Ryttov, che ha pubblicato un nuovo studio teorico dedicato all’analisi di alcune criticità di questi modelli. Cosa ha fatto Ryttov in questo articolo? Ha messo le vesti del cacciatore di punti deboli, inconsistenze e contraddizioni. Di qualunque cosa potesse smentire questo tipo di spiegazioni. Il risultato? Secondo lo studioso non hanno nessuna debolezza. Significa che il bosone di Higgs sarebbe fatto di techniquark, così come protoni e neutroni sono costituiti da quark “ordinari”? Ryttov vi risponderebbe che vi sta dicendo proprio questo.

Se i techniquark dovessero esistere potrebbero tappare tutte le lacune del Modello Standard elencate in precedenza. Sarebbe anche possibile spiegare e predire nuovi fenomeni fisici, per esempio nuove particelle, riuscendo a rispondere ad alcune tra le più importanti domande in cosmologia, come la natura della materia oscura e dell’energia oscura. Ora che abbiamo capito l’importanza di essere Higgsless, non resta che lasciare l’ultima parola al LHC. 

Paper di riferimento:

Thomas A. Ryttov, Infrared fixed points in the minimal momentum subtraction scheme, in “Physical Review D”, 89, 056001, 2014. 

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