Che il Santuario dei Cetacei sia inguaiato fino al collo tra naufragi e bidoni con veleni è sotto gli occhi di tutti.
Finora però sembra essere sfuggito a troppi che dal 1 Gennaio di quest’anno è entrata in vigore la Zona di Protezione Ecologica ( ZPE) formalmente dichiarata dall’Italia sulla Gazzetta Uffuciale comprendente buona parte del Mar Ligure, il Tirreno e il Mare di Sardegna.
In precedenza i mari italiani si estendevano fino al limite delle acque territoriali, cioè a una distanza di 12 miglia nautiche dalla cosiddetta linea di base. In base a questa decisione tranne una minima strisciolina in corrispondenza delle acque monegasche l’intera estensione del Santuario Pelagos giace ora in acque che si trovano sotto giurisdizione nazionale, in questo caso Italia e Francia. E’ stata questa negli anni scorsi una delle giustificazioni ministeriali per non considerare il santuario a tutti gli effetti un’ area marina protetta. Ora non ci sono più scuse possibili e sarebbe bene riprendere in mano –specie in un momento tanto disastroso- le cose. Il che vuol dire innanzitutto ripartire da un dato semplicissimo e cioè che si tratta di un’area marina protetta dove devono essere seguite precise regole di gestione di tutela ambientale a partire dal fatto che nel santuario operano tre nostre regioni oltre alla Francia dotate di diverse aree protette a partire dall’Arcipelago che non se la passa peraltro molto bene.
L’emergenza non deve assolutamente far rimandare interventi e decisioni che renderanno più efficaci anche le operazioni in corso e soprattutto il futuro del santuario.
Sarà la volta buona perché finalmente anche la cabina di regia nazionale torni a riunirsi e decidere?
Renzo Moschini