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Dawn rivela i segreti di Vesta, l’asteroide quasi pianeta

Scritto da Paolo Ferrante il 14.05.2012
Rocce in asteroide

Questa immagine mostra tre sezioni di rocce recuperate da meteoriti caduti sulla Terra che la missione Dawn della NASA ha confermato appartenenti al gigantesco asteroide Vesta. Foto: University of Tennessee

Gli astronomi della Nasa hanno pubblicato la scorsa settimana quattro diverse ricerche sulla rivista scientifica Science, che rivelano le caratteristiche sorprendenti dell’asteroide – o sarebbe meglio dire pianeta nano – Vesta, il secondo più grande della fascia principale. Numerose le scoperte, come l’assenza di attività vulcanica, la presenza di due enormi bacini di impatto nella parte sud, grandi quanto il 90% del diametro di Vesta, e di una montagna più alta dell’Everest. Inoltre, gli astronomi hanno avuto la conferma che alcuni asteroidi caduti in passato sulla Terra provenivano proprio da Vesta.

La fascia principale di asteroidi si trova tra Marte e Giove e contiene numerosi resti di rocce formatesi agli albori del nostro sistema solare. La sonda automatica Dawn sta attualmente studiando uno degli oggetti più interessanti della fascia, Vesta, che con un diametro medio pari a circa 530 chilometri e una massa stimata pari al 12% di quella dell’intera fascia, è ormai considerato come un pianeta nano piutosto che un asteroide.

La sonda spaziale ha confermato l’esistenza non di uno, ma due giganteschi bacini di impatto nell’emisfero meridionale. I risultati, pubblicati sulla rivista Science, aiuteranno gli scienziati a comprendere meglio il sistema solare e i processi che si sono verificati durante la sua evoluzione.

La sonda Dawn, in orbita attorno all’asteroide Vesta dal luglio 2011, ha già acquisito diverse migliaia di immagini della superficie dell’asteroide, rivelando un paesaggio complesso. Le immagini forniscono molti dettagli che aiutano gli scienziati a capire come la superficie si è evoluta dalla formazione del corpo celeste fino ad oggi.

Vesta non è solo una grossa roccia, ma assomiglia più alla nostra luna, con la sua superficie dominata da crateri da impatto abbondanti di tutte le forme e dimensioni, dai piccoli crateri visibilmente nuovi fino a bacini giganti come quelli visibili nel polo sud. La superficie di Vesta è complessa e variegata, con grandi avvallamenti che si estendono in tutta la regione equatoriale, con montagne enormi, e con un enigmatico materiale scuro che, dicono i ricercatori, è distribuito in modo diseguale sulla superficie. Ma la grande sorpresa dei ricercatori è l’assenza di tracce di strutture vulcaniche.

“Sono un vulcanologo, e mi aspettavo di trovare le prove di vulcanismo su Vesta in base a quanto sapevamo sul tipo di roccia che si trova su questo tipo di asteroide, la HED (che sta per howardite-eucrite-diogenite)”, ha detto David Williams, co-autore degli studi. Le informazioni sul tipo di rocce presenti su Vesta viene dai ritrovamenti di meteoriti della fascia principale sulla Terra.

“La superficie di Vesta – continua Williams – è stata così pesantemente modificata dai crateri da impatto che ogni prova della sua prima attività vulcanica è ormai distrutta”.

L’attuale mancanza di caratteristiche vulcaniche su Vesta suggerisce che il vulcanismo è stato attivo solo durante il breve periodo di raffreddamento del nucleo di Vesta entro i primi 100 milioni di anni dopo la formazione, e che la superficie è stata modificata dagli impatti nel corso del tempo.

Come la Terra e altri pianeti terrestri, Vesta contiene antico materiale basaltico nella sua crosta e un nucleo di ferro di grandi dimensioni. Si tratta di un asteroide irregolare che ha anche caratteristiche tettoniche, avvallamenti, creste, colline e una montagna gigante. Ma la sua dimensione ridotta dimostra che si tratta di qualcosa tra i pianeti e gli asteroidi di piccole dimensioni, e sottolinea il ruolo unico che Vesta ha nel sistema solare.

Cratere Reasilvia su VestaUn altro lavoro pubblicato sempre su Science descrive l’enorme cratere di impatto nella parte meridionale, che risulta essere di circa 500 chilometri di diametro, centrato nei pressi del polo sud. I ricercatori l’hanno chiamato ‘Rea Silvia’, che nella mitologia latina era la madre di Romolo e Remo. La sua larghezza è del 90 per cento del diametro di Vesta, e si stima che l’impatto con l’asteroide responsabile di cotanta distruzione spostò circa l’1% dell’intero volume di Vesta.

Ma la singolarità di questo cratere non finisce qui. Al centro di Reasilvia c’è una montagna centrale, più alta dell’Everest e simile in altezza al Monte Olimpo su Marte, ossia circa 26 km dalla base. Questo bacino sembra aver attinto dal mantello di Vesta, esponendo materiale spettralmente simile alle rocce di diogenite ritrovate in alcuni meteoriti; la crosta di Vesta è invece spettralmente simile all’eucrite e all’howardite, e questo conferma che Vesta e tutti gli asteroidi della fascia principale sono la fonte delle rocce di howardite, eucrite e diogenite ritrovate nei meteoriti di tipo basaltico.

Dawn resterà ad orbitare attorno a Vesta fino al 26 agosto, quando si allontanerà per dirigersi verso il pianeta nano Cerere, che raggiungerà nel febbraio 2015.

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