Una fonte in linea di principio inesauribile, pulita, rispettosa dell’ambiente, la stessa che alimenta e tiene in vita le stelle, in cui l’energia generata attraverso reazioni di fusione supera la quantità di energia depositata nel combustibile di fusione per l’innesco. No, non resta confinato tra i desiderata della ricerca scientifica.
A mostrarlo è una ricerca pubblicata ieri su Nature (Fuel gain exceeding unity in an inertially confined fusion implosion) in cui gli gli scienziati del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) spiegano in dettaglio una serie di esperimenti effettuati con il National Ignition Facility (NIF).
Il processo descritto nell’articolo da Omar Hurricane e colleghi tecnicamente si chiama ignizione, ed è qualcosa di diverso dalle più note fissione e fusione nucleare. Nella fissione l’energia (sia del combustibile che del comburente) viene ottenuta grazie alla frantumazione dei nuclei atomici degli elementi radioattivi. Al contrario, nella fusione di solito l’energia è prodotta facendo fondere due protoni oppure due nuclei di atomi molto leggeri, come gli isotopi dell’idrogeno deuterio e trizio. In questo modo si producono particelle alpha liberando una quantità di energia molto alta.
Più semplicemente, succede questo: dalla fusione di due protoni o nuclei si liberano particelle alpha che “liberano” energia all’interno di un plasma di deuterio-trizio (DT): il risultato è proprio l’innesco del processo che produce in modo continuo energia mediante la creazione a catena di particelle alpha. Le particelle alpha infatti riscaldano ulteriormente il carburante aumentando il tasso di reazioni di fusione e, dunque, il numero delle particelle stesse (in gergo si chiama boot-strapping). Ed è qui che interviene la ignizione. Di fronte ad una reazione di fusione a catena è possibile (ma non altrettanto probabile) che il processo sia capace di autogovernarsi producendo molta più energia di quella investita per ottenere il plasma.
L’articolo su Nature ha il merito di chiarire meglio come avviene, nel contesto sperimentale del NIF, il passaggio dalla fusione a catena alla ignizione. La fusione viene innescata usando il deuterio e il trizio come se fossero un bersaglio: questa minuscola goccia di combustibile viene mitragliata con 192 fasci laser concentrati in impulsi dell’ordine di qualche centesimo di milionesimo di secondo. Ma il processo non è diretto, nel senso che non è il “plasma” ad essere bersagliato, ma il suo involucro.
La radiazione laser, colpendo l’oro con cui è costruito l’involucro che ospita il combustibile, produce una radiazione X secondaria che investe la goccia. Tutto questo serve a farla implodere: l’incremento della pressione all’interno del plasma determinato dall’implosione porta la densità e la temperatura verso valori altissimi, tali da innescare la reazione di fusione, ottenendo per qualche frazione infinitesima di secondo una “stella artificiale” in laboratorio. Calibrando gli impulsi laser usati è stato possibile rendere stabile il meccanismo di implosione in modo da passare all’ultima fase: la ignizione. Ma il punto interessante non è tanto relativo al guadagno di energia ottenuto, che non è proprio senza precedenti (si parla di soli 17 chilojoule), quanto piuttosto il fatto che si è riusciti a ridurre al minimo la quantità di combustibile usato inizialmente.
Il risultato è indubbiamente notevole, tuttavia la strada da fare per rendere la ignizione una fonte energetica di uso pratico e quotidiano è ancora irrimediabilmente lunga. I motivi sono di vario genere, ma il più immediato è questo: il processo di ignizione resta in parte in governabile. Non è ancora del tutto riproducibile in laboratorio, nel senso che non è affatto semplice ottenere un plasma in cui le reazioni di fusione, una volta innescate, si autosostengano per un tempo abbastanza lungo. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non si riesce ancora a evitare che gli ioni e le particelle abbandonino il plasma rovente, determinandone in questo modo il raffreddamento progressivo e, dunque, l’interruzzione della reazione a catena che produce le particelle alpha.