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Misurare un fotone senza distruggerne lo stato quantico

Scritto da Annalisa Arci il 15.11.2013

Un team di ricercatori coordinato dal Prof. Gerhard Rempe del Dipartimento di Ottica Quantistica del Max-Planck-Institute ha realizzato per la prima volta un dispositivo che sembra riesca ad osservare un fotone conservandone lo stato quantico. L’articolo, Nondestructive Detection of an Optical Photon, è comparso ieri sulla rivista Science Express.

Uno dei principi cardine della meccanica quantistica è che è impossibile misurare una proprietà di una particella senza in qualche modo “disturbarla” modificandone lo stato. In altre parole, è impossibile catturare un fotone senza distruggere l’informazione che porta con sé: infatti, il metodo convenzionale per osservare una singola particella di luce è quello di catturarla con un sensore assorbendo la sua energia, il che equivale a distruggerla durante il processo. 

Crediti: ISTOCK/THINKSTOCK.

Negli ultimi anni i fisici hanno sviluppato modi per estrarre solo una parte delle informazioni trasportate da una particella quantistica influenzando il suo stato quantico senza distruggerlo completamente – un insieme di metodi di questo tipo è noto come misurazione debole. La Nondestructive Detection non è una tecnica di misurazione debole; è qualcosa di più. Una specie di trucco per conservare traccia dello stato quantico evitando di effettuare una misura convenzionale e distruttiva.

L’esperimento di ottica quantistica. Serge Haroche, Philippe Grangier e Gilles Nogues hanno utilizzato un risonatore ottico, posto tra due specchi, che contiene un singolo atomo di rubidio preparato in uno stato di sovrapposizione. Per testare il rilevatore la cavità è stata precedentemente irradiata con una serie di impulsi laser molto deboli – per intenderci, deboli nel senso che contengono in media molto meno informazione di un singolo fotone. L’atomo di rubidio intrappolato al centro della cavità presenta, infatti, due diversi stati fondamentali, ciascuno caratterizzato da una specifica energia di transizione al successivo stato eccitato. Uno dei due stati è risonante con la cavità in modo da impedire ai fotoni con lo stesso livello di energia di interagire. 

Ma cosa accade al fotone quando entra nella cavità? Mostrerà la sua doppia personalità: in un caso non interagirà con l’atomo che vi si trova e uscirà dalla cavità seguendo lo stesso percorso che ha fatto per entrarci. Nell’altro stato fondamentale, invece, il fotone sarà “risonante” con entrambi (l’atomo e la cavità) e verrà riflesso da uno dei due specchi. Ed è in questo modo che il fotone lascia traccia del suo passaggio. Nel momento in cui il fotone viene riflesso si registra uno spostamento di fase nell’atomo di rubidio: la lettura di questi spostamenti di fase permette di tracciare lo stato del fotone.

In questo senso si può dire che il fotone è sopravvissuto sotto forma dell’impulso o della polarizzazione codificate grazie agli spostamenti di fase. Lo sfasamento dello stato quantico dell’atomo di rubidio, vera e propria cartina di tornasole per ottenere le informazioni desiderate sul fotone, viene rilevato utilizzando una tecnica ben nota: “l’atomo si accende quando è irradiato dopo la riflessione di un fotone”, spiega il Dott. Stephan Ritter. “Nel nostro esperimento abbiamo raggiunto una efficienza di rilevazione di singoli fotoni del 74%, che è già più del 60% di un tipico rilevatore distruttivo”.  

Per usare le parole di Stephan Ritter, questa tecnica permette di osservare una traccia del fotone – la busta contenente le informazioni – e trasmetterla senza leggere ciò che è dentro la busta. La capacità di osservare singoli fotoni senza distruggere o cambiare qualsiasi dei loro gradi di libertà apre la prospettiva di una serie di nuovi esperimenti e, soprattutto, di nuove applicazioni. Da una maggiore efficienza nella rilevazione dei singoli quanti di luce, alla codifica e trasmissione delle informazioni quantistiche.

 

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