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Novità sulle origini della materia dal plasma primordiale

Si sa, l’universo primordiale non era un luogo molto ospitale. Quasi del tutto riempito da una bollente zuppa di quark e gluoni, era un luogo molto diverso da quello che vediamo oggi. Ma come si è passati da questo stato alla materia ordinaria, o barionica?

Scritto da Annalisa Arci il 08.04.2014

Da tempo gli studiosi stanno cercando di ricostruire il puzzle della materia. Ora, un nuovo studio appena accettato da Physical Review Letters promette di chiarire i meccanismi di questo passaggio, suggerendo che il tipo di transizione cambia a seconda dell’energia che le particelle possiedono quando entrano in collisione. Il processo sarebbe, per lo meno in alcune fasi, continuo e non discreto come accade nella trasformazione di un sistema termodinamico da uno stato di aggregazione ad un altro (ad esempio, il passaggio dell’acqua dallo stato solido, liquido e aeriforme). 

Credit: RHIC.

Dalla zuppa primordiale alla materia. Per capire come si è arrivati alle strutture odierne occorre andare indietro nel tempo di circa 13,8 miliardi di anni, ricreando la materia così com’era subito dopo il big bang. Questo salto temporale è reso possibile dai progressi tecnologici che hanno portato a costruire macchine come il Relativistic Heavy Ion Collider (RHIC), un acceleratore di particelle situato al Brookhaven National Laboratory (BNL), sull’isola di Long Island, New York.

Pur essendo simile all’LHC di Ginevra, l’altro acceleratore in grado di far collidere ioni pesanti, il RHIC ha una peculiarità: i suoi ioni viaggiano a velocità relativistiche ed è l’unico collisore spin-polarizzato. Più semplicemente, è l’unico strumento con cui si può studiare la struttura di spin dei protoni (grandezza che contribuisce a definire lo stato quantico delle particelle), e si possono fare ipotesi sulla forma della materia subito dopo il Big Bang.

Nel 2010 i fisici hanno pubblicato i risultati delle misure della temperatura raggiunta in un esperimento di collisione con ioni d’oro da cui si è concluso di aver ottenuto una temperatura di oltre 4.000 miliardi di kelvin, il che ha dato luogo alla formazione di un plasma di quark e gluoni fluido (1). Oggi, l’utilizzo di rilevatori molto sofisticati per registrare ciò che accade in presenza di particelle esotiche permette di capire in che modo si sono innescati i processi di raffreddamento che hanno portato a forme più familiari di materia (2). “RHIC ci dà la possibilità di esplorare ciò che accade ad una gamma molto ampia di energie di collisione”, ha spiegato Zhangbu Xu, il portavoce della Collaborazione STAR di RHIC.

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Diagramma di fase della reazione nucleare. (Credit: STAR collaboration’s).

Transizioni di fase “continue”. Sulla base di quello che si sa della interazione nucleare forte, i fisici si aspettavano di vedere delle transizioni di fase ben distinte nella materia.  A condizioni ordinarie di temperatura e densità, l’interazione forte mantiene i quark confinati in particelle composte, gli adroni (protoni e neutroni sono entrambi adroni). Ma, non appena la temperatura o la densità aumenta, gli adroni fondono e liberano i quark, in modo da permettere agli scienziati di studiare le interazioni non associate (questo è uno degli scopi primari di RHIC).

Mappare il processo di fusione e raffreddamento  della materia nucleare è, in questo caso, un po’ diverso dalla mappatura della fasi, a noi più familiari, con cui il ghiaccio passa dallo stato solido a quello gassoso (di solito parliamo, ad esempio, di fusione, punto di congelamento, evaporazione, condensazione). Per la materia nucleare non è sempre possibile tracciare una netta linea di demarcazione tra questi momenti. Per tracciare una mappa di questo tipo è necessario “tarare” il RHIC in modo da far collidere due fasci di nuclei d’oro (ciascuno fatto di 197 protoni e neutroni) ad energie da 7,7 miliardi di elettronvolt ( GeV ) per collisione paio di adroni a 200GeV.

I risultati della scannerizzazione dell’energia del fascio da parte di STAR stanno rivelando la natura variabile del cambiamento di fase nucleare. Ad energie più alte, dove le particelle si scontrano producono temperature intorno ai 4 miliardi di gradi Celsius, c’è una transizione dove non esistono fasi distinte. A differenza di quello che accadde ad un cubetto di ghiaccio, in cui esiste una soglia termica che consente alle molecole di assumere una forma solida o liquida, la zuppa di quark e gluoni passa gradualmente ad uno stato diverso: il processo qui è continuo e non si scandisce in fasi discrete traducibili con dei punti su un grafico.

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Stati di aggregazione della materia e passaggi di stato in un sistema termodinamico ordinario (come l’acqua). (Credit: wikipedia.org).

Ma questa non è l’unica scoperta. A energie più basse, i dati di STAR mostrano i segni di una frontiera più nitida, quella che viene chiamata una transizione di fase di primo ordine, analoga alle transizioni tra le fasi dell’acqua. La caratteristica distintiva di una transizione di fase è il brusco cambiamento di una o più proprietà fisiche, in particolare la capacità termica, alla minima variazione di variabili termodinamiche come la temperatura. Nel caso della materia studiata nel RHIC, la variazione di fase del primo ordine presenta come una scomparsa temporanea di un particolare tipo di flusso di particelle in uscita dalle collisioni.

Ecco il primo segno rivelatore del cambiamento di stato. “Quando i nuclei entrano in collisione si genera un movimento residuo delle particelle che li compongono, il cosiddetto flusso diretto. Analizzando questo tipo di flusso ad energie prossime alla transizione di fase di primo ordine, si è notato che l’energia che normalmente espande il sistema va, invece, a cambiare lo stato della materia”, ha spiegato Yadav Pandit della collaborazione STAR.  Tra i 10 e i 20 GeV,STAR registra una improvvisa interruzione: il flusso diretto scompare, permettendo ad altri tipi di flusso precedentemente mascherati dal forte effetto di trascinamento di mostrare nuovi modelli di distribuzione delle particelle.

Questa scomparsa o collasso del flusso è la firma del calore latente, ossia di una transizione di fase del primo ordine. Ora gli scienziati sono alla ricerca di segni di quello che viene chiamato punto critico, quel punto in cui una transizione di fase si trasforma e passa dal primo ordine ad una fase di crossover continuo.  Per tutto questo sarà necessario apportare miglioramenti al RHIC e l’al, lavorando ad esempio sui processi di raffreddamento delle particelle che consentirebbero analisi più accurate dei loro comportamenti, e a al rivelatore STAR, rendendolo più sensibile.

La ricerca di segni di una transizione di fase della materia nucleare risale al 1990, anno in cui i teorici hanno previsto un fenomeno chiamato softest point collapse in cui la pressione della materia nucleare eccitata avrebbe mostrato un calo improvviso, per poi aumentare nuovamente a causa delle ripetute collisioni tra nuclei. Esperimenti condotti con Alternating Gradient Synchrotron (AGS) hanno cercato invano di osservare questo fenomeno. L’energia usata era troppo bassa. Quando RHIC ha iniziato ad operare, nel 2000, il problema era l’esatto opposto: le energie troppo alte finivano per oscurare i risultati. Già alla fine dell’anno scorso, ad energie ricalibrate, i ricercatori hanno iniziato a raccogliere i primi dati. Ed è solo l’inizio.

Bibliografia:

(1) A. Trafton, Explained: Quark gluon plasma, MITnews, 9/2010

(2) STAR Collaboration, Beam-Energy Dependence of Directed Flow of Protons, Antiprotons and Pions in Au+Au Collisions,. arXiv:1401.3043

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