I più grandi terremoti si verificano nelle aree in cui le placche oceaniche si muovono sotto i continenti. Ora è stato scoperto che l’acqua intrappolata tra le placche in collisione ha un’influenza dominante nel processo di rottura e negli eventi sismici che seguono.
Analizzando il grande terremoto del Cile del 27 febbraio 2010, un gruppo formato da scienziati del Centro di Ricerca tedesco per le Geoscienze GFZ e dai colleghi della Liverpool University ha individuato un ruolo chiave nella pressione dell’acqua presente nei pori delle rocce che formano la zona limite delle placche.
L’accumulo della tensione che precede un terremoto e la magnitudo sviluppata dalla successiva liberazione di energia sismica dipendono sostanzialmente dall’accostamento meccanico delle due placche.
Gli studi degli ultimi grandi terremoti hanno rivelato che l’estensione laterale della rottura e la magnitudo degli eventi sono legati fondamentalmente all’accumulo della tensione lungo l’interfaccia della placca che scende in subduzione sotto l’altra.
L’accumulo della tensione e la sua distribuzione trasversale, a loro volta, dipendono dalla distribuzione e dalla pressione dei fluidi – acqua, per lo più – presenti nella zona che funge da interfaccia con la placca.
“Abbiamo combinato le osservazioni di varie discipline: geodesia, sismologia e petrologia. Inoltre, abbiamo avuto l’opportunità unica, in Cile, di avere un osservatorio naturale e quindi di non essere costretti ad esaminare lunghe serie temporali di dati”, dice Onno Oncken, direttore del Dipartimento ‘Geodinamica e Geomateriali’ del GFZ.
La Geodesia, osservando e misurando la Terra, con l’utilizzo della tecnologia GPS e dell’interferometria radar, oggi consente una mappatura dettagliata dell’accoppiamento meccanico al confine placca – superficie terrestre.
Una immagine complementare delle proprietà delle rocce in profondità è fornita poi dalla sismologia.
I dati rilevati da un terremoto forniscono una immagine ad alta risoluzione tridimensionale di velocità delle onde sismiche e delle loro variazioni nella regione di interfaccia della placca. I dati sulla pressione del fluido e sulla proprietà delle rocce, d’altra parte, sono disponibili dalle misure di laboratorio.
Tutti questi dati sono stati acquisiti poco prima del grande terremoto del Cile del febbraio 2010 che colpì con una magnitudo di 8.8. “Per la prima volta i nostri dati ci permettono di mappare la distribuzione spaziale della pressione dei fluidi con una risoluzione senza precedenti, mostrando come questi controllano lo scontro meccanico ed il successivo rilascio di energia sismica”, spiega Oncken. “Il cambiamento di velocità delle onde sismiche in determinate zone rivela uno scontro meccanico più ‘morbido’ tra le placche”.
In pratica, in questi punti si ha uno scorrimento della placca. Al contrario, quando la pressione del fluido nei pori della roccia si abbassa, viene prodotta una frizione meccanica elevata