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Dalle nane bianche una conferma alla curvatura dello spazio einsteiniano

Scritto da Annalisa Arci il 29.08.2012

La relatività generale di Albert Einstein prevede l’esistenza di onde gravitazionali, increspature dello spazio-tempo quadrimensionale simili alle onde sulla superficie di uno stagno dopo il lancio di una pietra. Si tratta di perturbazioni del campo gravitazionale che si diffondono alla velocità della luce e che, in analogia al campo elettromagnetico, possono viaggiare e trasportare energia su grandi distanze.

Le analogie tra i due tipi di onde finiscono qui: mentre la radiazione elettromagnetica (ad esempio, la luce visibile) può essere assorbita dalla materia in modo completo, le onde gravitazionali possono viaggiare nello spazio senza essere assorbite dalle stelle o dalla materia interstellare.  Questa interazione nulla o debole con i corpi, unita alla debolezza della forza gravitazionale, rende molto difficile la loro osservazione. Nella maggior parte dei casi sono rilevate in modo indiretto, tramite segnali radio di una pulsar, sistemi binari di stelle di neutroni, magnetar, esplosioni di supernova.

Una prima conferma si è avuta nel 1974 monitorando il comportamento di un sistema di stelle binario; si trattava di una coppia di stelle di neutroni ruotanti attorno alle rispettive orbite con un periodo di circa otto ore, destinate a fondersi a causa del progressivo aumento della velocità angolare, che emettevano onde gravitazionali. La scoperta di  Russel Hulse e Joseph Taylor, a cui fu assegnato il Nobel nel 1993, fu seguita da altre prove sperimentali.

Nel 2003 due stelle di neutroni piccolissime, appena qualche chilometro di diametro, ma molto dense e orbitanti una attorno all’altra in sole 2,4 ore (la pulsar doppia PSR J0737-3039) ha suscitato interesse per le conferme del redshift gravitazionale e il correlativo decadimento dell’orbita, che dovrebbe portare alla fusione delle due stelle tra circa 85 milioni di anni.

In questo scenario assume un significato rilevante lo studio del team di Warren Brown che lavora allo Smithsonian Astrophysical Observatory (SAO): gli effetti gravitazionali provengono anche da lunghezze d’onda ottiche di una coppia di nane bianche, ovvero di nuclei rimanenti di stelle, scoperte l’anno scorso. Il sistema, chiamato SDSS J065133.338 284.423,37 (J0651 per convenzione), contiene due nane bianche molto vicine – nella misura di un terzo della distanza tra la Terra e la Luna –  che percorrono un’orbita completa in meno di 13 minuti. Ogni sei minuti si verifica un’eclissi tra le stelle in J0651, come si è visto dalla Terra, il che le colloca con precisione a circa 3.000 anni luce di distanza.
Le onde gravitazionali dovrebbero assorbire energia, provocando un avvicinamento delle rispettive orbite e  un’accelerazione della velocità di rotazione. Il gruppo di ricerca ha rilevato questi effetti in J0651, notando anche che, rispetto all’anno scorso, ora le eclissi si verificano ad intervalli di tempo sempre inferiori. “Siamo di fronte ad un effetto relativistico misurabile con un normale orologio da polso”, ha aggiunto Warren Brown. Grazie a J0651 sarà possibile confrontare le onde gravitazionali con quelle desunte dal decadimento orbitale, riuscendo in questo modo ad individuare una specie di benchmark che potrebbe avere importanti conseguenze nella comprensione del funzionamento della gravità.

Il team si aspetta che il periodo di rotazione si ridurrà progressivamente di anno in anno, causando anche una diminuzione del tempo che intercorre tra un’eclissi e l’altra. I risultati di questi studi saranno pubblicati in The Astrophysical Journal Letters e saranno disponibili on-line.

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