Il Telescopio Spaziale Swift non smette di sorprenderci. Non solo l’analisi di dati raccolti di recente ha confermato l’intensa attività che caratterizza il centro della nostra galassia, ma ha permesso di scoprire una rara entità celeste, che potrebbe aiutarci a testare alcune delle previsioni della Relatività Generale di Einstein.
Questa settimana, alla riunione annuale dell’American Astronomical Society, un gruppo di scienziati ha presentato una ricerca in cui si dimostra che alcune immagini raccolte di recente ci aiuteranno a decifrare la natura fisica dei lampi e dei brillamenti di raggi-X provenienti dal centro galattico, come a trovare le prove dell’esistenza di una rarissima sottospecie di stelle di neutroni.
La campagna di sette anni che ha visto le lenti di Swift puntate nel cielo remoto per monitorare i livelli di radiazione provenienti dal centro della Via Lattea ha raddoppiato il numero di immagini disponibili in archivio su questi fenomeni remoti. In particolare, è utile per comprendere meglio la natura e le caratteristiche del buco nero che vive al centro della galassia, Sagittarius A* (Sgr A*).
Sgr A* si trova nel nucleo della regione più interna della Via Lattea, a ben 26.000 anni luce da noi, nella direzione della Costellazione del Sagittario. La sua massa è almeno 4 milioni di volte quella del Sole; stranamente è un buco nero poco brillante, dunque minimamente attivo. “Data la sua dimensione, questo buco nero supermassiccio è circa 1 miliardo di volte più pallido di quanto sarebbe se fosse attivo” ha spiegato Nathalie Degenaar, investigatrice principale per la campagna Swift di osservazione del centro galattico, e astronoma dell’Università del Michigan. “Anche se adesso è “sedato”, un tempo era molto più attivo e sta ancora regolarmente producendo brevi lampi di raggi-X su base giornaliera”.
Per comprenderne il comportamento a lungo termine, il team di Swift ha iniziato a fare osservazioni regolari del centro della Via Lattea già dal lontano Febbraio 2006. Ogni pochi giorni, la sonda Swift veniva voltata verso le regioni più interne della galassia, e scattava un’immagine con un’esposizione di 17 minuti con il suo XRT (X-Ray Telescope). Ad oggi, l’ XRT di Swift ha rilevato 6 brillamenti durante i quali l’emissione a raggi-X del buco nero hanno raggiunto fino a 150 volte la normale luminosità per un periodo di un paio d’ore. Queste nuove rilevazioni hanno permesso di stimare che brillamenti così avvengono in media da 5 a 10 volte al giorno. Gli scienziati hanno guardato poi alle differenze tra i vari lampi soprattutto per differenziarne al meglio la natura, rispetto ad altri fenomeni fisicamente affini.
L’anno in corso dovrebbe essere un periodo chiave per questi studi, soprattutto per la presenza della grande nube di gas – in gergo si chiama G2 – grande circa 3 volte la massa del Sole, che passerà molto vicino al buco nero, ed è già sotto l’influenza mareale dell’enorme gravità che la sta attirando. Gli astronomi si aspettano che G2 si avvicini così tanto al buco nero da essere riscaldata a milioni di gradi celsius, così da produrre cospicue quantità di raggi-X. Tutto questo dovrebbe succedere presto, già nel secondo quarto di questo anno. Se parte del gas della nube raggiungesse davvero Sgr A*, gli astronomi potrebbero osservare un aumento significativo nell’attività del buco nero. Ci vorrà però qualche anno per seguire l’evento nella sua evoluzione.
“Astronomi di tutto il mondo sono in attesa dei primi segni che dimostrino che l’interazione ha avuto inizio” ha spiegato Jamie Kennea, dell’Università Statale della Pennsylvania. “Grazie all’aiuto prezioso di Swift, il nostro programma, che ha monitorato ogni dettaglio dell’attività del buco nero, potrebbe fornire un utile indicatore futuro”. Nell’aprile del 2013 c’era però l’illusione di averne trovato un primo segno, in corrispondenza della rilevazione da parte di Swift di un fortissimo aumento nell’energia di alcuni lampi (come nella quantità di raggi-X in arrivo dalle vicinanze di Sgr A*).
Ora si sa che questa energia corrisponde ad una sottospecie rara di stelle di neutroni. Una stella a neutroni è il nucleo schiacciato di una stella distrutta dall’esplosione di una supernova, che compatta nella dimensione di pochi km una massa equivalente a mezzo-milione di Terre. La stella a neutroni in causa, chiamata SGR J1745-29 – più precisamente, una magnetar – ha un campo magnetico migliaia di volte più intenso rispetto ad una stella di neutroni. La rarità di questa classe di oggetti celesti è presto detta: ne conosciamo solo 26.
La scoperta di SGF J1745-29 potrebbe aiutare a capire meglio Sgr A*? E’ altamente probabile. Mentre ruota, questa magnetar emette infatti impulsi regolari di raggi-X e onde radio. Questi dati potrebbero essere incrociati per rilevare le più piccole variazioni ad essi corrispondenti nel campo gravitazionale di Sgr A*. “Questo programma a lungo termine porterà a numerosi vantaggi scientifici, e grazie ad una combinazione tra la flessibilità e la sensitività di XRT, Swift è l’unico satellite che può portare a termine una simile campagna” ha spiegato Neil Gehrels, investigatore principale per la missione, presso il Goddard Space Flight Center della NASA.