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Arrivano dall’Himalaya i consigli sulla salute dei nostri polmoni

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 21.03.2012

Dalla collaborazione tra l’Associazione “Comitato Ev‐K2‐CNR”ed Interactivecom è nato il progetto “Breathing Himalaya: Impariamo a Respirare” presentato oggi a Milano, presso il Palazzo Isimbardi.

Cosa c’entra l’aria dell’Himalaya con quella di Milano?
Il collegamento è uno studio sulle malattie polmonari e la voglia di divulgare informazioni corrette sulle malattie polmonari causate anche dall’inquinamento delle nostre città. Fra queste anche  la BPCO – Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva.

Per questo, una mostra itinerante realizzata sulla base di una ricerca che si è svolta sull’ himalaya, avrà lo scopo di sensibilizzare sull’abbattimento delle fonti di inquinamento o almeno sulla riduzione dell’esposizione ai fattori di rischio, informando ed educando la popolazione verso una corretta strategia preventiva.

Tutto è nato con il progetto SHARE – Stations High Altitude for Research on the Environment (ad opera del Comitato Ev‐K2‐CNR), rivolto al monitoraggio climatico e ambientale nelle zone d’alta quota del nostro pianeta, in particolare, lungo la Valle del Khumbu. Il progetto di ricerca è consistito in uno studio sull’inquinamento domestico e sulla raccolta di dati relativi all’incidenza delle patologie respiratorie. Poi  grazie alla sinergia tra Ev‐K2‐CNR e Interactivecom questo studio svolto sull’Himalaya è diventato un veicolo educazionale per un pubblico eterogeneo (scuole, associazioni e famiglie) sulle malattie polmonari, anche in città.

“Le popolazioni più esposte all’inquinamento indoor sono quelle delle aree in via di sviluppo dove vengono utilizzate le biomasse (legna, sterco, residui del raccolto) per il riscaldamento e la cucina, bruciandole in bracieri aperti, spesso in assenza di camini – sottolinea Paolo Bonasoni, Responsabile Scientifico del Progetto SHARE ‐ Generalmente è piuttosto difficile diversificare il ruolo di questi fattori di
rischio, dato che spesso la popolazione è esposta a più fattori contemporaneamente.”
“Esistono, però, popolazioni che vivono in aree montane o rurali non esposte ad inquinamento esterno ma solo a quello degli ambienti domestici – aggiunge Bonasoni – Per questo le ricerche condotte in questi luoghi dal Comitato Ev‐K2‐CNR acquistano grande rilievo per capire il solo effetto dell’inquinamento indoor,
grazie alla raccolta di dati estremamente significativi”.

“Nonostante la correlazione tra inquinamento indoor e BPCO appaia ormai chiaro – continua la Professoressa Annalisa Cogo della Clinica Pneumologica e Centro Studi Biomedici applicati allo Sport dell’Università di Ferrara ‐ bisogna considerare che tutti i soggetti studiati in ricerche precedenti erano esposti anche al fumo di sigaretta e all’inquinamento ambientale outdoor. Nel nostro caso, invece, la
popolazione non è esposta all’inquinamento da traffico ed ha una irrilevante abitudine al fumo di sigaretta (il 3%‐4% della popolazione)”.

“Il progetto ha offerto, dunque, la possibilità di svolgere una rigorosa attività scientifica in un ambiente particolare, dove l’assistenza medica è generalmente assente o molto difficile da raggiungere e dove normalmente la diagnosi si basa solo sull’esame clinico. Per la prima volta queste popolazioni sono state sottoposte anche ad un esame semplice e non invasivo quale la spirometria, diventata oramai per noi
strumento diagnostico imprescindibile – conclude la Professoressa Cogo ‐ In questo modo si è verificata l’importanza degli esami strumentali e si è dimostrato come sia possibile rispettare sempre ed ovunque i criteri di corretta esecuzione degli esami di funzionalità respiratoria anche in situazioni disagiate”.

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