Dopo le sortite e le proposte più strambe e confuse che hanno contribuito solo a pasticciare ancor più le cose si registrano alcune significative novità nella discussione sul ruolo dei parchi e delle altre aree protette. Non sul piano nazionale o almeno del governo e del ministro che continuano a brillare per la loro latitanza. Sul piano normativo sono state invece approvate alcune leggi (vedi biodiversità sul territorio agricolo) mentre altre sono in discussione (sul suolo) che in qualche misura riguardano o riguarderanno anche i parchi sia pure non specificamente. Le proposte giacenti (in tutti i sensi) al senato non hanno ormai infatti più futuro. Si può semmai osservare che dopo tante chiacchere per lo più a vanvera sulla legge ormai vecchia che blocca tutto nessuno finora si è ricordato che il nuovo codice dei beni culturali ha tolto da qualche anno ai parchi qualsiasi competenza sul paesaggio stabilita proprio dalla legge 394 e quello ha davvero penalizzato i parchi. Le non poche sviolinate infine ai nostri parchi che avrebbero ben figurato all’EXPO mostrano solo il disagio e l’ipocrisia di chi dovrebbe finalmente farsi carico di una situazione intollerabile e cerca scuse. Scuse difficili dinanzi alle tante e continue denunce e appelli a Mattarella come al governo e al ministro ma anche alle regioni e agli enti locali a salvare i parchi dallo sbando. Situazione in cui gli eventi più vari dal raduno dei boy scout in San Rossore al taglio degli alberi in India o le proposte sui marchi dei parchi per determinati prodotti agricoli suscitano le più singolari e sconcertanti discussioni tra ‘esperti’ di cui è spesso arduo venire a capo e capire persino il senso.
Il congresso di Legambiente e il ritorno sulla scena dei Verdi con un loro documento ‘Riappropriamoci dei parchi’, hanno perciò il merito se non altro di avere riportato il dibattito sul binario giusto. E cioè quale deve essere il loro ruolo e quello delle comunità dei parchi ossia delle istituzioni nella nuova situazione ambientale di cui si discuterà a Parigi.
Ma qui va detto subito visti i tanti richiami alla Enciclica papale e sul rapporto natura-uomo che tutto o quasi sembri esaurirsi con la greeneconomy. Dai rapporti di Symbola e Unioncamere ai lunghi e frequenti articoli di Realacci presidente della Commissione ambiente della Camera di natura si vede poco e soprattutto non si capisce chi e come dovrebbe pensare alla sua gestione. Essa sembra in realtà essere inglobata e assorbita dalle nuove politiche economiche il che sarebbe una solenne cantonata. Eppure come dice l’Enciclica ‘le specie hanno un valore in sé in quanto tale’. Inoltre il paesaggio come il dissesto del suolo e il suo consumo e tutela dipendono dal governo del territorio, dalla sua pianificazione e programmazione che anche quando era ed è prevista da buone legge è stata sempre più ignorata e tagliata fuori per i parchi come per i bacini idrografici. E a rianimarla e rilanciarla e gestirla finalmente come si deve non potranno certo pensarci né l’Enel o le Camere di commercio. E non potranno pensarci neppure adeguatamente come devono i parchi se la regione Lombardia ai parchi taglia 30 milioni o Toti sulle aree protette liguri fa pesare un piano casa che apre la strada ad altro cemento in una regione il cui territorio costiero per il 40% entro i 300 metri dalla costa è già compromesso. Nè potranno farsene carico parchi nazionali la cui maggioranza non riesce a dotarsi di un piano e manca del presidente o del direttore o del consiglio. E’ da qui che dobbiamo e alla svelta riprendere il discorso per definire il nuovo ruolo che nella nuova situazione compete alle nostre aree protette. E’ singolare che anche i mezzi di informazione che valorizzano giustamente i risultati ‘verdi’ nell’ambito delle energie rinnovabili non dicano nulla sui riconoscimenti Unesco ai nostri geoparchi o ad altre aree protette magari impegnate contro le trivellazioni anche in aree marine protette. E se al governo dobbiamo chiedere conto di un ministro dell’ambiente che sembra abbia altro cui pensare altrettanto dobbiamo fare nei confronti delle regioni. Alcune in particolare al sud per fortuna stanno riprendendo l’iniziativa ma altre anche con buone leggi ed esperienze alle spalle non stanno facendo altrettanto, penso alla Toscana come al Piemonte. E invece devono farlo senza scuse e pretesti.
Renzo Moschini