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Baccanti

Scritto da Maria Rosa Pantè il 03.06.2013

Il Divino si annuncia con un forte vento. Ma non sempre, nella Bibbia la voce di Dio è una brezza. Si deve essere all’erta per riconoscerla. Quando è vento il divino spaura. Quando è vento il divino… chissà perché per prime prende le donne. Come se loro fossero sostanza del vento, come se fossero il corpo solido del vento. E così le donne lunari, donne delle maree sono anche donne del vento. 

Il vento porta con sè la divinità o viceversa, non importa. Il dio delle Baccanti di Euripide è Dioniso, il dio del vino, dell’ebrezza, il dio nato due volte. A un dio così il vento si addice. L’anemopatia, cioè la malattia del vento, è sua figlia. Il vento gonfia le tende, gonfia gli abiti femminili, i loro capelli. Il vento ravviva le fiaccole, il vento, il vento…

Pompei-Casa dei Vettii - Pentheus

Nel corto “Baccanti” di Lorenzo Debernardi, un regista giovane, ma col “dono”, quella del vento, messaggero di Dioniso è una scena che mi ha conquistata. Forse perchè io patisco il vento e mi dispiace giacchè anche lo amo. La bufera infernal che mai non resta… quanto s’è detto sul vento.

Il film di Lorenzo è bello, forse a tratti un po’ lento, ma il tempo dell’attesa di un dio deve forse essere misurato? E poi lo scoppio, perchè il vento infuria e la possessione del dio afferra le donne. E le donne catturano animali e li sbranano e se ne cibano e le donne sono piene di sangue e di ferina dedizione al dio. Tutto questo ha reso il regista coi suoi attori. La terra in cui vivo, la Valsesia, ha boschi che si prestano a scene di caccia e di selvatichezza, ai balli scomposti eppure ritmati di Baccanti. La luce dei paesaggi, i colori dominanti, il vento, e questo Dioniso che invasa le donne, perché ci si accorga di lui, che è tornato ala terra in cui fu concepito, a Tebe. La tragedia greca scava nel fondo di noi, nelle radici. Riconoscere la nostra anima spirituale, il nostro spirito animale per non impazzire? O proprio impazzire – di tanto in tanto – per conoscerla dentro di noi? La razionalità del re di Tebe, Penteo, si scontra con la follia del divino, col vento che porta via le donne e soprattutto la madre del re, Agave. E lei sbranerà il figlio, credendolo un leone di montagna. Perché il figlio non ha voluto riconoscere il dio, il suo potere, non ha capito che la follia è necessaria, necessario il vento e lo spirito anche se irrazionale, anche se a volte pericoloso. Ma più pericoloso è non riconoscere spazio a tutto questo, però covare nel fondo di sè la curiosità per quello che eccede, per quello che è mistero, per quello che è divino.

In ebraico spirito è ruah, un nome femminile!

Nonostante sia giovane, o fors proprio per questo, e giovani i suoi più stretti collaboratori e attori, Lorenzo è riuscito a creare questo stato di attesa, questo stato di eccitazione nelle donne, in riprese notturne molto belle, secondo  me, ha saputo rendere anche anche il dubbio irrazionale nella corazza razionale di Penteo.

Perché non sappiamo o vogliamo riconoscere questo spirito dentro di noi? La materia oscura… Perché? La risposta, come dice Bob Dylan, soffia nel vento.

 

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