Per lottare contro l’astratto, bisogna un po’ somigliargli (Camus “La peste”)
… ecco forse è già dentro di me e si muove.
Raggiungerà prima lo stomaco poi l’intestino.
Forse si annida nel sangue e da lì invaderà tutte le cellule del mio corpo.
Mi guardo le mani, allo specchio guardo i miei occhi fin dentro dentro per vedere qualche segno. Una piccola testa disgustosa che mi faccia un cenno: sono qui, dentro di te.
Almeno sarei sicuro.
Invece niente.
Sta circolando dentro di me e io non lo so, lo sospetto, lo temo, ma non ne sono certo.
Sento spasmi al basso ventre, allora è lui. Non dovevo guardare negli occhi.
Si annida altrove.
Lo spasmo cessa. Dunque ancora non m’assale.
Però questo mal di testa? Allora davvero parte dal cervello.
Ma come è entrato in me: dal respiro, la parola, un cibo, un suono, un odore?
Farnetico, lo so, ma sento come un solletico nella gola, è lui che si muove cauto perlustrandomi per vedere cosa colpire con più danno e rovina, per me. Per lui vittoria e conquista.
Non poterlo affrontare a viso aperto.
Non poterlo sentire, vedere, percepire.
Non poterlo UCCIDERE.
Per lottare contro l’astratto, bisogna un po’ somigliargli, scrive Camus. Un batterio è astratto, ma io quanto gli somiglio? La peste non finisce mai…
la somiglianza sta nella sopravvivenza o forse nemmeno, nella vita stessa , nell’energia che tu e l’escherichia coli dissipate, con lo stesso intento.