Gli echi di Fukushima e della sua tragedia non ci arrivano solo dalle notizie sulle politiche energetiche, non solo dai comunicati sui livelli di inquinamento. E’ ancora la tecnologia a poterci rendere partecipi di un avvenimento la cui ferita chissà se e quando si rimarginerà.
Google Street View, il sistema satellitare di google, ci ha riportato le immagini di un paesaggio desolato con presenze assurde e inquietanti. Detriti ammucchiati, navi in mezzo alle strade. Ma il mare non è certo vicino. Le navi e i detriti sono giunti lì con la forza violenta e terribile dello tsunami causato dal terremoto l’11 marzo del 2011.
Niente a che vedere con le immagini a cui siamo abituati grazie a google in cui appaiono gli abitanti dei luoghi: qui nessun essere umano riempie lo schermo. Nessuna presenza se non quella degli oggetti distrutti che attendono di essere riportati nei luoghi ai quali normalmente appartengono e di essere smaltiti.
Attesa di normalità. Ma grande immobilità, tragica e ed eloquente per ora, traspare da quelle immagini. Il disastro è stato troppo grande per poter essere assorbito in così poco tempo. E ad oggi il resto del Giappone prova ripartire da ciò che resta, fra la comunicazione dei livelli di radioattività nei cibi e i primi tentativi di valutare il rischio di insorgenza delle malattie dovute all’uso del nucleare.