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Legge 40: il caso di Valentina costretta ad abortire in bagno

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 12.03.2014

E’ successo a Roma che una giovane donna sia stata costretta ad abortire in bagno perchè in quel turno all’ospedale erano presenti solo obiettori di coscienza e nessuno ha acconsentito ad assisterla. Valentina, questo il nome della giovane donna che ora ha sporto denuncia assistita dall’Associazione Luca Coscioni, ha partorito in maniera indotta il suo feto morto assistita solo dal marito Fabrizio.

Fecondazione assistita

Valentina è affetta da una malattia genetica rara, ma per la legge 40 non ha diritto alla diagnosi preimpianto con fecondazione assistita.

Valentina ha raccontato ai giornali di aver ricevuto l’iniezione per provocare le contrazioni e il parto, ma, probabilmente a causa di un cambio di turno, è rimasta completamente senza assistenza. Più di dieci ore di travaglio, con vomito e svenimenti, assistita soltanto da suo marito, l’hanno portata infine a partorire nel reparto maternità, insieme a donne che partorivano bambini sani, il suo feto morto, affetto da una grave malattia, nel bagno dell’ospedale.

La ASL smentisce la versione di Valentina sostenendo che la donna sia stata assistita da due medici. “La coppia è stata seguita da due medici non obiettori. E l’espulsione del feto è avvenuta nella stanza di degenza”, dichiara l’Asl Roma B.

“Dalle verifiche risulta che la signora Valentina è stata seguita dal personale che ha l’obbligo dell’assistenza anche nel caso di obiezione di coscienza. Pur comprendendo il disagio dovuto al lungo periodo di travaglio si fa presente che la rapidità della fase espulsiva del feto, avvenuta nella stanza di degenza alle ore 3 della notte, è un evento assai comune per il periodo gestazionale”, si legge in un comunicato diramato dall’Azienda sanitaria locale.

La donna ha ora fatto ricorso contro la legge 40 nella speranza di poter ricorrere alla diagnosi pre impianto.

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