ROMA, 27 gennaio – Un gruppo di attivisti di Greenpeace in tute bianche sporche di petrolio ha protestato oggi a Roma di fronte alla sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con cartelli che chiedono “Un altro disastro quanto ci costa?” e “Rotte a rischio: decreto subito!”. Sono passate già due settimane dalla tragedia della Costa Concordia e, dopo le misure di sicurezza promesse, ora si parla di “accordi volontari” con le compagnie rinviando interventi da tempo necessari per regolamentare il traffico in aree a rischio, come quella del Santuario dei Cetacei.
Per questo, nel corso della protesta, Greenpeace ha consegnato al Ministro Passera una lettera in cui chiede di non perdere altro tempo prezioso e di emanare con urgenza disposizioni atte a evitare altri disastri.
“Da tempo chiediamo al governo limiti alla navigazione in zone critiche, come il Santuario dei Cetacei, che avrebbero potuto evitare questa tragedia. – afferma Gorgia Monti, responsabile della Campagna mare di Greenpeace Italia – L’Italia è già in ritardo di dieci anni e ulteriori rinvii sono inammissibili”.
La legge 51 del 2001 (art. 5, comma 2) permette di regolamentare, con un decreto del Ministro delle Infrastrutture di concerto con il Ministro dell’Ambiente, il traffico marittimo nelle aree “a rischio”. Il Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, si è già espresso per una regolamentazione severa promettendo, una settimana fa, un decreto per regolare le rotte più pericolose. Adesso tocca al Ministro Passera assumersi le proprie responsabilità e tutelare la sicurezza dei trasporti, la salute pubblica e l’ambiente.
“Il silenzio del Ministro Passera e l’annuncio di un possibile accordo volontario con gli armatori, ci spinge a pensare che, passata l’emozione dovuta all’ennesimo disastro, il governo ci stia ripensando e che ancora una volta si decida di non fare nulla. Dopo i morti, adesso rischiamo un disastro ambientale. Per questo una regolamentazione precisa e vincolante del traffico marittimo nelle aree sensibili, a partire dal mare del Santuario dei Cetacei dove si è verificato il naufragio della Concordia, non è rinviabile.” – conclude Monti.
L’Isola del Giglio si trova all’interno del Santuario dei Cetacei, un’area protetta nata con un Accordo tra Italia, Francia e Monaco, in vigore dal 2001, ma che è restato lettera morta. Greenpeace da tempo ha individuato una serie di minacce per quest’area, tra cui la pericolosità del traffico marittimo. L’associazione ha rilevato che in estate nel Santuario circolano ogni giorno oltre duecento imbarcazioni tra navi passeggeri, petroliere e cargo. Quello della Costa Concordia non è certo il primo incidente navale: solo a metà dicembre, a poche decine di miglia più a nord, il traghetto della Grimaldi Lines “Eurocargo Venezia”, aveva perso in mare, durante una tempesta, circa 40 tonnellate di sostanze tossiche.
Tra le misure di controllo dei traffici navali che secondo Greenpeace dovrebbero essere adottate nel Santuario: una canalizzazione del traffico nelle aree sensibili (Canale di Piombino, Arcipelago Toscano, ingresso porti principali), la limitazione della velocità (e della rumorosità), un’anagrafe degli idrocarburi scaricati nei terminali petroliferi (oil fingerprint) e un preciso controllo del traffico navale di imbarcazioni con carichi pericolosi e grandi navi da crociera superiori a una certa stazza, con opportune disposizioni per garantire la sicurezza del traffico e la tutela dell’ambiente.