Gaianews

Un “orologio temporale” per rendere invisibili le comunicazioni

Scritto da Annalisa Arci il 11.06.2013

È un desiderio comune quello di modificare uno o più eventi del nostro passato. Un team di ingegneri elettronici della Purdue University ha utilizzato il laser per creare un mantello capace di mascherare le informazioni inviate in una sorta di buco temporale (in pratica, grazie alla fibra ottica, si usa la luce per rendere i dati invisibili dall’esterno). L’esperimento, descritto in un articolo comparso il 5 giugno su  Nature, è il primo di questo tipo, e presenta una tecnica che si chiama oscuramento temporale, una nuova arma per tenere fuori dalla porta gli hacker.

La tecnica è ancora in fase di perfezionamento ma, secondo gli scienziati, potrebbe avere sviluppi molto promettenti: “C’è ancora molto lavoro davanti a noi prima che questo approccio trovi applicazioni pratiche, ma il suo punto di forza è l’alto gradi di integrabilità con le infrastrutture già esistenti”, racconta Joseph Lukens, uno degli autori della ricerca. Nel 2010 Martin McCall, un fisico dell’Imperial College di Londra, ha proposto un’idea al limite della fantascienza: secondo il suo gruppo di ricerca sarebbe possibile creare mantelli temporali che ritagliano brevi finestre di tempo durante le quali si possono effettuare operazioni senza essere osservati. Il principio è il seguente: come i raggi di luce sono “deviati” nello spazio, può essere possibile fare lo stesso stirando le onde luminose nel tempo. 

Simulazione dell’evoluzione temporale dei lampi di luce

Un’idea già proposta. La tecnologia, dunque, non è affatto nuova. Nel 2012 era stata già sperimentata da un altro gruppo di ricercatori: in questo caso, tuttavia, erano riusciti a nascondere solo una piccola frazione, circa un decimillesimo dell’1%, del totale delle informazioni inviate. Oggi gli scienziati della Purdue affermano di essere arrivati al 46%, un miglioramento abbastanza significativo, che rende il lavoro più vicino a potenziali applicazioni commerciali. 

Il nuovo approccio agisce sulla fase degli impulsi di luce, su un fenomeno ondulatorio che è stato scoperto da inventore britannico Henry Fox Talbot nel 1836. Quando la luce passi attraverso una serie di fenditure parallele –  un reticolo di diffrazione – si divide e i raggi emanati si combinano per creare un modello di interferenza (descrivibile con fasi di picchi e avvallamenti). Talbot scoprì che questo schema si ripete a intervalli regolari, creando quello che oggi è conosciuto come Tappeto di Talbot. C’è anche una versione temporale di questo effetto, in cui si manipola la luce nel corso del tempo per generare periodi regolari con intensità luminosa pari a zero: la possibilità di nascondere i dati è il punto che più interessa.

Il nuovo esperimento. La propagazione dei segnali luminosi può essere paragonata a quella delle onde del mare. Se un’onda, sollevandosi, interagisce con un’altra che sta scendendo, le due si possono annullare a vicenda, facendo sì che la luce risultante abbia intensità pari a zero. È il fenomeno noto come interferenza: “Consentendo alle onde di interferire l’una con l’altra, si è in grado di farle diventare, digitalmente parlando, un uno o uno zero”, spiega Lukens. “Lo zero è il ‘buco’ dove non c’è nulla”.  Tutti i dati nella regione in cui il segnale è zero, quindi, sono mascherati. Resi invisibili.

Il componente che permette di farlo è un oggetto chiamato modulatore di fase, comunemente usato nelle comunicazioni ottiche per modulare i segnali. Nell’oscuramento temporale, vengono usati due modulatori per creare il buco e altri due per coprirlo, facendo apparire nullo il segnale. Vediamo meglio l’esperimento. Il gruppo di ricerca coordinato da Lukens ha creato un tappeto di Talbot temporale facendo passare la luce laser attraverso un modulatore di fase: quando la tensione varia, la velocità alla quale la luce viaggia viene alterata, dividendo la luce nei suoi costituenti. Come predetto, a intervalli di tempo regolari, le frequenze vengono separate e ricombinate per generare buchi temporali. La squadra di Lukens ha poi usato un secondo ciclo di modulazione di fase di comprimere l’energia ulteriormente, ampliando la durata delle finestre temporali a 36 picosecondi. Il mantello ha nascosto con successo i dati ad una velocità di 12,7 gigabit al secondo.

“È un livello di sicurezza molto alto, perché dall’esterno sembra proprio che non si stia trasmettendo alcun dato”, continua Lukens. “Eventuali ‘intercettatori’ non si renderanno conto che il segnale è coperto. Semplicemente non vedranno nulla”. Ironia della sorte, la prima applicazione di mantelli temporali non può essere quella di nascondere i dati, ma per aiutarli a leggere con maggiore precisione: per questo motivo la tecnologia potrebbe essere usata in campo militare o per il miglioramento della sicurezza nazionale. Ed è ancora suscettibile di miglioramenti che potrebbero aumentare ulteriormente la percentuale di dati mascherabili.  

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA