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Il progresso che c’è, ma non si vede

Scritto da Annalisa Arci il 25.11.2013

“Non abbiamo visto nulla”. Questo potrebbe essere il riassunto di tre mesi di attività del più grande progetto di ricerca sulla materia oscura. Si tratta del Large Underground Xenon (LUX) i cui “dati”, a ben vedere, non sono poi così deludenti: il risultato nullo potrebbe servire per stabilire nuovi limiti al tipo osservabile di materia oscura. Come è possibile che esista una classificazione tipologica di qualcosa che, per definizione, non si vede? Come è possibile che un risultato nullo sia utile, e che si possa fare scienza di qualcosa che nemmeno si riesce a definire con rigore?

La materia oscura esiste perché se ne vedono gli effetti gravitazionali. Non è stata scoperta in senso stretto, non c’è stato un eureka urlato in qualche sperduto laboratorio sotterraneo. Né c’è stata un’elegante ipotesi teoretica, poi passata al vaglio con potenti macchine nei laboratori di mezzo mondo. La storia della materia oscura è la storia di previsioni non rispettate, di osservazioni che smentiscono i calcoli, di ipotesi in prima battuta controintuitive. Ma è anzitutto la storia di una domanda che vi sembrerà banale: dove risiede la massa dell’Universo? Rispondere correttamente significa assistere alla nascita di un concetto.

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Mappa 3D della distribuzione della materia oscura nell’Universo. (Crediti: NASA, ESA and R. Massey (California Institute of Technology)).

(1) CONCETTI. Dove risiede la massa dell’Universo? Facile: nelle stelle e nei pianeti. Niente di più falso. Nei primi anni del Novecento si pensava che la quasi totalità della massa dell’Universo risiedesse nelle stelle; tutto cambiò, e la domanda divenne davvero una domanda da un milione di dollari, quando si scoprì che le leggi di Newton erano in evidente disaccordo con le osservazioni compiute sul moto delle galassie e degli ammassi

Esempi di osservazioni che falsificano i calcoli. Nelle galassie la concentrazione delle stelle diminuisce più ci si allontana dal nucleo, e la velocità delle stelle che abitano la regione esterna al nucleo decresce all’aumentare della distanza. Questo ci dice la legge di gravitazione universale di Newton. Ma c’è un problema: le osservazioni smentiscono questa spiegazione. La velocità delle stelle anche lontane dal nucleo è molto maggiore di quella attesa e, inoltre, non diminuisce affatto con la distanza! Cosa significa? Che c’è più massa di quella che vediamo. Se, infatti, si correggono i calcoli ammettendo che c’è una materia invisibile e non concentrata nel nucleo, la cui attrazione gravitazionale è responsabile del moto delle stelle, allora le equazioni confermano che le stelle sono letteralmente circondate da una grande massa invisibile. La stessa cosa vale per gli ammassi di galassie. Conoscendo la massa totale di un ammasso si può calcolare il moto relativo di ciascuna galassia presente in esso. Anche in questo caso le osservazioni sperimentali, per essere coerenti con la formula newtoniana, richiedono un surplus di materia, visto che le velocità delle galassie sono anche di 400 volte maggiori di quelle calcolate. Un’altra conferma viene dalla forma dell’Universo. L’Universo ha una curvatura spaziotemporale nulla, il che significa che è piatto. Questo comporta che la sua densità di massa totale deve essere uguale a un valore noto, la Densità Critica (circa 10-30 g/cm3). Anche questo valore si spiega solo ammettendo la presenza di materia invisibile. Oggi sappiamo che il Modello Standard spiega solo il 4% della materia/energia dell’Universo; il resto è materia oscura per il 24% ed energia oscura per il 72%. Secondo il principio di equivalenza di Einstein (E=mc2), l’energia oscura rende conto della maggior parte della massa/densità dell’Universo, visto che si comporta come una gravità negativa – tende a far espandere l’Universo – e si contrappone alla decelerazione dovuta all’attrazione gravitazionale della materia (barionica e non).  

Materia oscura è dunque un nome, un concetto che ci spinge ad accettare che c’è più massa di quella che vediamo, e che esiste un’energia invisibile che induce l’universo a dilatarsi sempre più. Per ora siamo di fronte a un oggetto scientifico relativamente giovane: come se vi fosse davvero quella che Aristotele chiamava la “costrizione dei phainomena“, la fitta rete della realtà che trascina verso di sé i concetti della fisica, e che sta alla base della nostra comprensione del mondo. Ora, come costruire una teoria scientifica della materia ed energia oscura?             

(2) TEORIE. Vari gruppi di ricerca stanno facendo enormi sforzi per rispondere a questa domanda. In questo senso, gli interrogativi principali sono due: (a) di cosa è fatta la materia oscura, e (b) come rilevarla in laboratorio. Eh sì, non solo è oscura – nomina sunt omina – ma sembra ci si possa addirittura dilettare con una vera e propria tassonomia: alcuni ritengono abbia una componente ordinaria, sia cioè fatta di atomi (tecnicamente si dice che ha una componente barionica), mentre altri la ritengono qualcosa di esotico, di non barionico. 

(a) La componente barionica, fatta di corpi massicci ma non luminosi, è esemplificata da pianeti, stelle di neutroni, buchi neri, nane bianche (stelle che hanno finito di bruciare) e nane brune (stelle che non hanno mai iniziato a bruciare). Questi oggetti si chiamano in gergo MACHOs (Massive Astrophysical Compact Halo Objects, Oggetti astrofisici massicci e compatti di alone) ed emettono una quantità di luce troppo scarsa per poter essere visti. Come rilevarli? Attraverso un effetto molto noto: la (micro)lente gravitazionale. Sappiamo che lo spazio si curva in presenza di oggetti molto pesanti. Questo implica che le immagini di oggetti distanti possono essere deviate e deformate se fra loro e noi si frappone una galassia o un ammasso. In sintesi, se osserviamo una sorgente luminosa e un MACHO si frappone fra noi e la sorgente, il fenomeno a cui assistiamo è chiamato microlente (microlensing), perché la massa del MACHO non è grande abbastanza da creare una lente gravitazionale, in cui la curvatura dello spazio dovuta alla galassia o all’ammasso può provocare la deviazione della traiettoria della luce. Il fenomeno resta molto simile, solo che le varie immagini sdoppiate non sono rilevabili perché troppo vicine; non potendo osservare più immagini separate, le vedremo tutte insieme con un incremento di luminosità dovuto alla massa del MACHO (maggiori informazioni si trovano qui).

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Lenti gravitazionali nell’ammasso Abell 1689. Gli effetti sono dei sottili archi luminosi visibili solo quando si ingrandisce l’immagine. (Crediti: Hubblesite.org).

Invece, se ha una componente non barionica allora è costituita da particelle. Le candidate migliori sono le WIMPs (Weakly Interacting Massive Particles, particelle massive debolmente interagenti), che interagiscono pochissimo con la materia, ancor meno dei neutrini.  Esse vagherebbero nel cosmo, addensandosi in prossimità delle galassie a causa dell’attrazione gravitazionale. Ma non c’è accordo sulle loro caratteristiche: sono pesanti o leggere? Quelle pesanti, circa sui 100 GigaelettronVolt (GeV), cento volte più di un protone, sono predette dalla supersimmetria, mentre quelle leggere, pur non essendo agganciate a nessuna teoria, alcuni credono di averle già osservate.  Esempi? La Cryogenic Dark Matter Search (Cdms), ha dichiarato di aver individuato tre particelle di materia oscura che hanno, più o meno, la stessa massa e il team della Coherent Germanium Neutrino Technology (CoGeNT) ha rilevato un segnale compatibile con una particella di materia oscura di massa compresa tra 7 e 11 GeV. 

(b) Se è non barionica, sarà pesante o leggera? LUX ci aiuta a fare qualche passo avanti. Innanzitutto, viste le difficoltà nel distinguere il segnale di una WIMP da quello di altre particelle (soprattutto neutroni), molti esperimenti – come LNGS DAMA/LIBRA – fanno affidamento sull’effetto della modulazione annuale. Le WIMPs che si trovano nell’alone galattico investono la Terra con un flusso maggiore in estate (quando la velocità di rivoluzione della Terra si somma a quella del sistema solare nella galassia) e minore in inverno (quando le due velocità sono in direzioni opposte). Ci aspettiamo, quindi, che il numero di segnali di WIMP che contiamo segua questa proporzione. Il laboratorio sotterraneo in cui ha sede LUX fa qualcosa di diverso. Il laboratorio si trova a oltre un chilometro di profondità, in una miniera del South Dakota, e il rilevatore per tracciare le collisioni delle WIMPs usa lo xeno, circondato da un serbatoio d’acqua e da uno scudo di titanio e teflon (materiali che emettono poche radiazioni).

“Non abbiamo visto nulla”. Il progresso scientifico avviene anche grazie a test sperimentali che restituiscono risultati nulli. Non poteva esserci un dato migliore per dirimere la querelle WIMPs leggere-WIMPs pesanti: se i tre eventi rivelati da Cdms fossero stati davvero WIMPs leggere, secondo gli studiosi Lux avrebbe dovuto registrare almeno 1.600 eventi. Ma non è accaduto, e ciò spinge a ritenere molto più probabile che le WIMPs siano pesanti. La materia oscura potrebbe essere composta da particelle pesanti non barioniche. Se questo non vi sembra progresso…

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  • Micromacro scrive:

    Vero. Tra l’altro lo schema a due specchi di MM è oggi uno dei set più utilizzati negli esperimenti di ottica quantistica.

  • EvkNetwork scrive:

    Fantastico, il punto b) sembra quasi una versione più moderna dell’esperimento Michelson-Morley ;)