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Sculture egizie, sciabole e acceleratori di particelle

Scritto da Annalisa Arci il 01.06.2015

Gli acceleratori di particelle sono stati sviluppati per studiare le interazioni fondamentali. Oggi sono diventati strumenti molto versatili al servizio dell’industria, della medicina, dei beni culturali, dell’ambiente, della geologia e dei nuovi materiali. I beni culturali sono uno degli ambiti in cui le applicazioni hanno restituito  risultati più significativi.

In Italia abbiamo il LABEC a Firenze, CEDAD a Lecce e il CIRCE a Caserta. I campi di intervento in cui entrano in gioco sono essenzialmente due: le analisi di composizione dei materiali tramite l’uso di fasci di ioni (quella che in gergo si chiama Ion Beam Analysis, IBA) e le datazioni col metodo del radiocarbonio mediante la spettrometria di massa con acceleratore (ossia la Accelerator Mass Spectrometry, AMS).

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Dettaglio del laboratorio CIRCE (crediti: Giulio Bulfoni)

Per fare un esempio, grazie a Tandem (una macchina da 3 milioni di Volt) i ricercatori di LABEC (Laboratorio di Tecniche Nucleari per i Beni Culturali che fa capo all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), sono in grado di scoprire gli elementi chimici di pigmenti, leghe metalliche, inchiostri antichi, offrendo in questo modo “non solo indispensabili informazioni al mondo del restauro, ma anche responsi spesso determinanti per accertare l’autenticità di un’opera” (ulteriori informazioni sulle tecniche di analisi con fasci di ioni si trovano nella pagina dell’Infn).

Non tutti sanno però  che anche l’Accélérateur Grand Louvre d’analyse élémentaire (AGLAE) di Parigi è totalmente al servizio del patrimonio artistico, archeologico e museale. È infatti un potente strumento dedicato all’analisi chimico-fisica dei materiali di quei manufatti di cui l’autenticità è dubbia o, più semplicemente, di tutte le opere di cui si vuole avere una datazione certa.

Veduta di AGLAE (crediti: wikipedia.org).

Un reperto sottoposto ad analisi in aria libera con AGLAE (crediti: wikipedia.org).

AGLAE ha ottenuto di recente dei risultati importati. È stata stabilita l’autenticità di una sciabola d’oro donata da Napoleone Bonaparte al governo francese ed è stata datata una scultura egizia – lo Scriba Seduto – di 4500 anni fa composta da un cristallo di roccia di carbonato di magnesio venata da linee rosse sottili di ossido di ferro. Per non parlare della scoperta della firma chimica lasciata da diversi tipi di pittura decorativa su zanne d’avorio risalenti al VII secolo a.C..

AGLAE all’opera (crediti: V. Fournier, C2RMF).

Ovviamente AGLAE è uno strumento molto sensibile agli oligoelementi e assolutamente non invasivo (l’unico limite è dato dallo studio dei dipinti). L’uso della spettrometria a raggi X, a raggi gamma e ad emissione indotta consente altresì di identificare le minime tracce di litio e di uranio.

Parte superiore del mihrab decorato con piastrelle lusterware (IX secolo) nella moschea di Uqba anche conosciuta come la Grande Moschea di Kairouan, Tunisia (crediti: wikipedia.org).

Non solo. Studiando vetri, metalli e ceramiche di vario tipo, il team di AGLAE è riuscito a rintracciare elementi di una ceramica molto particolare, chiamata lusterware, in campioni di materie prime provenienti da luoghi diversi: “quello che abbiamo cercato di fare è stato quello di trovare una sorta di carta d’identità per ogni centro di produzione in ogni periodo di tempo”, ha spiegato Claire Pacheco, a capo delle ricerche.

Nel 2011 è stato pianificato un progetto di aggiornamento e miglioramento delle prestazioni, il New Aglae. Il progetto prevede il miglioramento della stabilità dei fasci di particelle e il funzionamento automatizzato del sistema, che permetterà di funzionare in modalità imaging, anziché con analisi puntiformi. Attualmente sono all’opera degli aggiornamenti per aumentare l’automazione e consentire all’acceleratore di funzionare 24 ore su 24, dipinti inclusi, forse. Ulteriori informazioni si trovano a questo link.

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